Come si può notare non vi furono “voti ribelli” nel Pd. Nessuno del Pd votò contro, nessuno si astenne. Gli unici voti ribelli nel Pd furono quelli dei radicali (come ad es. la Zamparutti o Turco) che formalmente facevano parte del gruppo parlamentare Pd. Inoltre un piccolo gruppo di parlamentari del Partito Democratico non partecipò al voto smarcandosi, in tal modo, dalla linea del Pd. Fra questi Della Seta, Bratti e Zampa, con cui PeaceLink erava in contatto per la campagna sul benzo(a)pirene.
Complessivamente si è affermata nel Pd una obbedienza in stile Partito Comunista nordcoreano su questioni che attengono alla salute dei cittadini, per cui la linea scelta, per riprendere le parole di Lidia Giannotti, sembra essere quella di continuare a produrre “ad ogni costo”, mentre logica e umanità vorrebbe che fossero le persone a dover essere protette “ad ogni costo”.
Quindi, chiarita la natura dell’Aia riesaminata, che è atto amministrativo e che “tale rimane … anche secondo la disciplina dettata per l’Ilva di Taranto” (Corte Cost. sent. 85/2013, punto 10.3, pag. 60), i giudici della Corte Costituzionale hanno affermato (punto 10.1, pag. 59): “Il richiamo operato in generale dalla legge [all’AIA riesaminata, n.d.r.] ha il valore di costante condizionamento della prosecuzione dell’attività produttiva alla puntuale osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio, che costituisce l’esito della confluenza di plurimi contributi tecnici ed amministrativi in un unico procedimento, nel quale, in conformità alla direttiva n. 2008/1/CE, devono trovare simultanea applicazione i princìpi di prevenzione, precauzione, correzione alla fonte, informazione e partecipazione, che caratterizzano l’intero sistema normativo ambientale”.
Perché richiamiamo questi passaggi della Corte Costituzionale?
Perché l’ultimo provvedimento Salva Ilva (parliamo della conversione in legge non ancora avvenuta del decreto sulla Terra dei fuochi e sull’Ilva) dichiarerà che l’Ilva è a norma anche se l’Aia non viene applicata per intero e anche se non viene rispettato il cronoprogramma. Per il subcommissario Ilva Edo Ronchi basta che siano fatte settanta prescrizioni su cento per essere a norma. Che trenta importanti prescrizioni rimangano inattuate, non fa nulla, si chiude un occhio. Come a dire: che volete, non pretendete troppo da noi, anche noi non ce la facciamo a fare quello che non ha fatto Riva, apprezzate almento la buona volontà, non ci sono i soldi per fare tutto quello che si dovrebbe fare.
Ossia l’ultimo provvedimento consente di fare proprio ciò che la Corte Costituzionale si era raccomandata di non fare.