Complessivamente si è affermata nel Pd una obbedienza in stile Partito Comunista nordcoreano su questioni che attengono alla salute dei cittadini, per cui la linea scelta, per riprendere le parole di Lidia Giannotti, sembra essere quella di continuare a produrre “ad ogni costo”, mentre logica e umanità vorrebbe che fossero le persone a dover essere protette “ad ogni costo”.
Qualcuno del Pd potrebbe obiettare che quanto si sta facendo è stato tuttavia consentito dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla prima legge Salva-Ilva e che se non è stato bocciato allora l’operato del governo allora quello che si fa oggi è di conseguenza lecito.
Non è così.
La Corte Costituzionale ritenne infatti di dare un
parere di costituzionalità a condizione che l’Aia venisse applicata scrupolosamente e integralmente. L’Aia è l’
autorizzazione integrata ambientale che, come è noto, l’Ilva non sta rispettando. Quindi la Corte Costituzionale – per quanto la sentenza abbia fatto discutere – non salvava l’Ilva sollevandola dalle sue responsabilità ma la gravava di
nuove responsabilità, come si evince da questo passaggio della sentenza della Corte:
“I motivi di tale aggravamento di responsabilità si possono rinvenire nell’esigenza di prevedere una reazione adeguata delle autorità preposte alla vigilanza ed ai controlli rispetto alle eventuali violazioni in itinere delle prescrizioni Aia da parte di una impresa, già responsabile di gravi irregolarità, cui è stata concessa la prosecuzione dell’attività produttiva e commerciale a condizione che la stessa si adegui scrupolosamente alle suddette prescrizioni”. La Corte Costituzionale condizionava cioè il parere di costituzionalità all’applicazione scrupolosa dell’Aia e richiamava l’attenzione sul fatto che
la magistratura può intervenire nel caso la non applicazione dell’Aia possa generare situazioni di pericolo. Si legge nella sentenza della Corte: “
La deviazione da tale percorso, non dovuta a cause di forza maggiore, implica l’insorgenza di precise responsabilità penali, civili e amministrative, che le autorità competenti sono chiamate a far valere secondo le procedure ordinarie“.
Quindi, chiarita la natura dell’Aia riesaminata, che è
atto amministrativo e che “tale rimane … anche secondo la disciplina dettata per l’Ilva di Taranto” (Corte Cost. sent. 85/2013, punto 10.3, pag. 60), i giudici della Corte Costituzionale hanno affermato (punto 10.1, pag. 59): “
Il richiamo operato in generale dalla legge [all’AIA riesaminata, n.d.r.] ha il valore di costante condizionamento della prosecuzione dell’attività produttiva alla puntuale osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio, che costituisce l’esito della confluenza di plurimi contributi tecnici ed amministrativi in un unico procedimento, nel quale, in conformità alla direttiva n. 2008/1/CE, devono trovare simultanea applicazione i princìpi di prevenzione, precauzione, correzione alla fonte, informazione e partecipazione, che caratterizzano l’intero sistema normativo ambientale”.
Perché richiamiamo questi passaggi della Corte Costituzionale?
Perché l’ultimo provvedimento Salva Ilva (parliamo della conversione in legge non ancora avvenuta del decreto sulla Terra dei fuochi e sull’Ilva) dichiarerà che l’Ilva è a norma anche se l’Aia non viene applicata per intero e anche se non viene rispettato il cronoprogramma. Per il subcommissario Ilva Edo Ronchi basta che siano fatte settanta prescrizioni su cento per essere a norma. Che trenta importanti prescrizioni rimangano inattuate, non fa nulla, si chiude un occhio. Come a dire: che volete, non pretendete troppo da noi, anche noi non ce la facciamo a fare quello che non ha fatto Riva, apprezzate almento la buona volontà, non ci sono i soldi per fare tutto quello che si dovrebbe fare.
Ossia l’ultimo provvedimento consente di fare proprio ciò che la Corte Costituzionale si era raccomandata di non fare.
Ma siamo anche fuori dal binario fissato dalla Corte Costituzionale.
Il nuovo provvedimento per l’Ilva è – va ribadito – uno strappo alle raccomandazioni della Corte Costituzionale che non forniva un disco verde senza condizioni.
Ciò nonostante l’on. Michele Pelillo, parlamentare tarantino del Pd, ha dichiarato con soddisfazione: “Non sembra vero, ma quello che non è stato fatto in cinquant’anni sta accadendo in questi mesi – e in questi giorni in particolare”.
Adesso ci sono le condizioni perché a difendere i tarantini scenda di nuovo in campo la magistratura.
Alessandro Marescotti
Presidente Peacelink
Ambiente & Veleni - 30 Gennaio 2014
Ilva, la magistratura può fermare gli impianti
Come si può notare non vi furono “voti ribelli” nel Pd. Nessuno del Pd votò contro, nessuno si astenne. Gli unici voti ribelli nel Pd furono quelli dei radicali (come ad es. la Zamparutti o Turco) che formalmente facevano parte del gruppo parlamentare Pd. Inoltre un piccolo gruppo di parlamentari del Partito Democratico non partecipò al voto smarcandosi, in tal modo, dalla linea del Pd. Fra questi Della Seta, Bratti e Zampa, con cui PeaceLink erava in contatto per la campagna sul benzo(a)pirene.
Complessivamente si è affermata nel Pd una obbedienza in stile Partito Comunista nordcoreano su questioni che attengono alla salute dei cittadini, per cui la linea scelta, per riprendere le parole di Lidia Giannotti, sembra essere quella di continuare a produrre “ad ogni costo”, mentre logica e umanità vorrebbe che fossero le persone a dover essere protette “ad ogni costo”.
Quindi, chiarita la natura dell’Aia riesaminata, che è atto amministrativo e che “tale rimane … anche secondo la disciplina dettata per l’Ilva di Taranto” (Corte Cost. sent. 85/2013, punto 10.3, pag. 60), i giudici della Corte Costituzionale hanno affermato (punto 10.1, pag. 59): “Il richiamo operato in generale dalla legge [all’AIA riesaminata, n.d.r.] ha il valore di costante condizionamento della prosecuzione dell’attività produttiva alla puntuale osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio, che costituisce l’esito della confluenza di plurimi contributi tecnici ed amministrativi in un unico procedimento, nel quale, in conformità alla direttiva n. 2008/1/CE, devono trovare simultanea applicazione i princìpi di prevenzione, precauzione, correzione alla fonte, informazione e partecipazione, che caratterizzano l’intero sistema normativo ambientale”.
Perché richiamiamo questi passaggi della Corte Costituzionale?
Perché l’ultimo provvedimento Salva Ilva (parliamo della conversione in legge non ancora avvenuta del decreto sulla Terra dei fuochi e sull’Ilva) dichiarerà che l’Ilva è a norma anche se l’Aia non viene applicata per intero e anche se non viene rispettato il cronoprogramma. Per il subcommissario Ilva Edo Ronchi basta che siano fatte settanta prescrizioni su cento per essere a norma. Che trenta importanti prescrizioni rimangano inattuate, non fa nulla, si chiude un occhio. Come a dire: che volete, non pretendete troppo da noi, anche noi non ce la facciamo a fare quello che non ha fatto Riva, apprezzate almento la buona volontà, non ci sono i soldi per fare tutto quello che si dovrebbe fare.
Ossia l’ultimo provvedimento consente di fare proprio ciò che la Corte Costituzionale si era raccomandata di non fare.
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Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Sostenere una risposta europea ed unitaria alle politiche dei dazi dell’amministrazione Trump, che escluda ogni controproducente e inadeguata tentazione di bilateralizzare la risoluzione del conflitto commerciale, e che ampli le contromisure includendo i servizi e i diritti di proprietà intellettuale delle Big Tech, rilanciando anche l’iniziativa multilaterale per l’introduzione della Global Minimum Tax". E' quanto chiede il Pd al governo nella risoluzione sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
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