Il governo di Enrico Letta interverrà su Telecom imponendo la separazione della rete da Telecom Italia “se gli obblighi sugli investimenti non saranno rispettati”. Perché sulla banda larga “l’Italia è in ritardo”. E il Paese, come spiega il rapporto del commissario per l’attuazione dell’agenda digitale, Francesco Caio, non può più attendere: ha bisogno di un piano nazionale per accedere ai fondi comunitari per la banda ultralarga assieme alle Regioni. Può invece aspettare ancora il catasto delle reti necessario per valutare il reale valore dell’infrastruttura in rame di Telecom e gli investimenti effettivamente necessari allo sviluppo della banda ultralarga.
Sull’affare Telecom, quindi, Letta è pronto lanciare “la bomba atomica” della separazione della rete. “La valigetta l’hanno in mano governo e Parlamento e in cui il bottone rosso è lo scorporo e la pubblicizzazione della rete che è l’estrema ratio se si verifica che gli impegni non vengono raggiunti”, ha spiegato il premier parlando della necessità di “un governo attivo e particolarmente impegnato” sul tema banda larga. Senza però entrare nel dettaglio delle modalità e delle conseguenze della separazione della rete Telecom, né tanto meno anticipare dettagli sulla futura gestione del network.
Non una parola quindi sul progetto di costituzione di una nuova società per gli investimenti nella banda ultralarga. Il governo ha infatti glissato sul piano che vorrebbe Telecom protagonista della rete in fibra grazie al trasferimento della propria rete in rame in una nuova azienda accanto alla Cassa depositi e Prestiti e al fondo F2i di Vito Gamberale. Nessun cenno neppure al governo societario della nascitura società che potrebbe essere a capitale misto pubblico-privato e non interamente pubblica come tempo fa aveva immaginato, nel suo programma, il segretario del Pd Matteo Renzi. Per ora, dunque, una sola certezza: la necessità di investire 15 miliardi, secondo il ministero dello Sviluppo economico, per non perdere il treno della banda ultralarga e allinearsi alle richieste di Bruxelles.
“In tre anni la nuova rete raggiungerà il 50% della popolazione”, ma non del territorio. Lo sostiene la sintesi del rapporto Caio, “gli operatori hanno piani concreti per raggiungere l’obiettivo di copertura del 50% circa della popolazione con tecnologia FTTCab/VDSL2 (ovvero con la fibra fino alla cabina cavi in strada e poi con il doppino in rame fino in casa, ndr) entro il 2017 circa”. Per realizzare gli obiettivi dell’Agenda sarà poi necessario effettuare “il monitoraggio dei piani degli operatori, degli investimenti messi in campo e della copertura raggiunta anche per eventuali interventi correttivi”. E’ in questo contesto che per Caio risulta essenziale un Piano nazionale che consenta di far ricorso in maniera coordinata ai Fondi strutturali europei, attraverso le Regioni, e per poter così “assicurare a tutta la popolazione l’accesso alla rete a 30 megabit al secondo entro il 2020 considerando un approccio bilanciato tra tecnologie fisse, mobili, fisse wireless e satellitari”. Un piano che permetta insomma di “ottimizzare gli investimenti come la promozione della condivisione di investimenti infrastrutturali” nel rispetto delle norme dell’Unione in tema di aiuti di Stato.
E mentre Letta immagina la rete del futuro, il titolo Telecom Italia torna nel mirino della speculazione. Le quotazioni dell’azione salgono sull’aspettativa di un grosso incasso che consenta di realizzare una corposa riduzione del debito a vantaggio delle banche creditrici. Telecom “ha ancora bisogno di 3-4 miliardi di euro per ridurre i suoi debiti e consentire nuovi investimenti”, ha spiegato tornando all’attacco sul dossier Naguib Sawiris, il magnate egiziano vicino ai finanzieri Tarak Ben Ammar e Vincent Bolloré, entrambi legati a Telecom via Mediobanca.