Parlare con il senno del poi è sempre molto facile; però una cosa è certa: gli eventi tragici, come la recente alluvione del modenese, e la violenta ondata di maltempo di oggi con mezza Italia sott’acqua, ci devono pur insegnare qualcosa per il futuro.
Ecco allora che il “senno del poi” diventa una cosa utile. 19 milioni di euro per interventi nel “nodo idraulico di Modena”. Queste le prime promesse del Governo dopo la catastrofica alluvione nel modenese. Intanto, si legge che è costato 15 milioni solo l’intervento d’emergenza sull’argine rotto, senza parlare degli altri costi dell’emergenza nonché degli (promessi, arriveranno?) risarcimenti; una prova del famoso ‘investi uno in prevenzione risparmi sette in ricostruzione’. Ma, vien da dire, bisognava aspettare un’alluvione per stanziarli? Sono spendibili subito o la solita promessa e poi magari si darà la colpa al Ministero dell’Economia? Ci metterà lo zampino la burocrazia? Vedremo.
Nel frattempo, vediamo per sommi punti alcune proposte per evitare (o meglio ridurne gli effetti) catastrofi legate ad eventi meteoclimatici. Un decalogo insomma, come va tanto di moda dare ai cittadini per l’ambiente, la sicurezza, i terremoti, ecc., e che noi pensiamo per politici e amministratori. Un decalogo in qualche modo propositivo.
1) Seria azione di limitazione dei gas serra, per fermare il global warming; solo in questo modo si potranno evitare gli “eventi estremi”. Non si è trattato, a Modena come nei nuovi recenti disastri, infatti di “due gocce di pioggia”, ma di piogge torrenziali quasi caraibiche, senza che vi fosse peraltro neve, cosa normale in questa stagione. L’Emilia deve essere seria e coerente; fonti rinnovabili ed efficienza energetica non possono essere “mediate” con cementificazione e nuove autostrade. Si scelga.
2) Adattamento al cambiamento climatico: gran parte del danno al clima è fatto e del resto il ripetersi di episodi di forti piogge e conseguenti piene dei fiumi ne è probabilmente una conseguenza. Oltre che ridurre i gas serra insomma dobbiamo ormai adattarci, ovvero convivere senza subire (possibilmente) danni ai cambiamenti climatici. Senza che questo però diventi una scappatoia per non ridurre i gas serra, perché senza mitigazione dei cambiamenti climatici non sarà modo di difendersi dalle catastrofi meteoclimatiche.
3) Tenere in corretta manutenzione gli argini e sorvegliarli attentamente durante le piene, ricordarsi anche di informare la popolazione, che dietro un argine si sta al sicuro finché l’argine tiene o il fiume non lo supera; in tal caso, come visto, diventa ancor più pericoloso.
4) Iniziare a ragionare di dar più spazio al fiume. Difficile, dopo aver consentito di costruirci case, capannoni industriali, attività agricole ecc., ma ormai necessario per rimediare agli errori urbanistici del passato e ai problemi climatici di oggi.
5) Regolare manutenzione e pulizia dei fiumi, senza che questo voglia dire radere al suolo vegetazione e sterminare animali, altrimenti avremo canali (e in parte lo già sono) anziché fiumi, che diventano ancor più pericolosi.
6) Fermare il consumo del suolo; ridurre al minimo le aree cementificate o asfaltate, costruendo in modo indiscriminato case, capannoni, autostrade e parcheggi. Vero che non si può evocare la cementificazione come causa diretta del disastro modenese (mentre a Roma si è avuta proprio una urban flood!, un’alluvione urbana dovuta alla cementificazione), essendosi inondati paesi e zone a 20-40 km dalla rottura dell’argine, ma indirettamente si. Città e paesi più urbanizzati, impermealizzando il suolo, aumentano la quantità d’acqua che va smaltita da canali e fiumi.
7) Dare una seria informazione ai cittadini (ma anche ai Sindaci) su cosa fare in caso di calamità, con un linguaggio semplice e chiaro.
8) Informare i cittadini degli scenari conseguenti le alluvioni. Si è visto uno studio, commissionato da un’azienda, con scenari di alluvioni estreme che vedono l’acqua arrivare fin quasi al centro storico di Modena. Comune ed enti locali non hanno simili studi o li tengono nascosti, magari per non generare il panico (o per poter urbanizzare a piacere)?
9) Ridurre drasticamente le estrazioni di ghiaia dai fiumi e nelle loro vicinanze.
10) Mantenere gli impegni presi.
Per ultimo, vorremmo ricordare che chi promette o prometteva ‘mai più alluvioni’ è come chi prometteva un milione di posti di lavoro. La ‘messa in sicurezza’ è una frase ingannevole, perché il rischio si può (e deve) ridurre ma non si eliminerà mai del tutto. Dura dirlo, esistono dei limiti. Anche nel XXI secolo le navi possono affondare, gli aerei cadere, e i fiumi fanno il loro mestiere: portano acqua verso il mare, secondo la via che trovano più comoda. Del resto la pianura Padana è, non a caso, una pianura alluvionale e a questo deve la sua fertilità.