La pubblica amministrazione italiana è la più lenta a pagare le aziende: la media è di 170 giorni. E i ritardi sono costati alle imprese 2,1 miliardi di euro di maggiori oneri finanziari. Il vicepresidente della Commissione Ue: "Pronti ad avviare procedura d'infrazione"
L’Italia si tiene stretto un triste primato: nonostante tre anni di proclami del politico di turno, è il Paese europeo dove la pubblica amministrazione è più lenta a pagare i debiti nei confronti delle aziende. La media di 170 giorni, secondo quanto rileva Confartigianato, è infatti lontana da quella Ue (61 giorni) e sfora di ben 140 il limite di 30 giorni imposto dal decreto sui tempi di pagamento che recepisce la direttiva Ue. Situazione da cui consegue un altro pessimo primato della Penisola: il maggior debito commerciale della pubblica amministrazione verso le imprese, pari al 4% del Pil. I ritardi di pagamento degli enti pubblici, aggiunge Confartigianato, sono costati alle imprese italiane 2,1 miliardi di euro di maggiori oneri finanziari.
Gli imprenditori sono infatti costretti a chiedere prestiti in banca per finanziare la carenza di liquidità derivante dalle fatture non saldate. E ai ritardi nei pagamenti si aggiungono i ritardi nell’applicazione dei decreti sblocca-debiti: finora risultano pagati soltanto 21,623 miliardi, pari al 79,4% dei 27,219 miliardi stanziati per il 2013. Il vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani, è quindi “pronto da lunedì prossimo ad avviare la pratica per l’apertura della procedura di infrazione per l’Italia”. Se la procedura di infrazione andrà in porto, l’Italia rischia una sanzione “pari a un anno di Imu”, ha aggiunto, sottolineando che Roma “è il peggior pagatore di tutta Europa nei confronti delle imprese”. Peccato, però, che questa minaccia Tajani l’abbia fatta già nel novembre 2011 senza che molto sia cambiato.
Il rapporto sull’applicazione da parte della pubblica amministrazione della direttiva contro i ritardi di pagamento è stato intanto presentato venerdì 31 a Roma dal presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti. “Il nostro rapporto dimostra che in Italia il malcostume dei ritardi di pagamento è duro a morire”, afferma Merletti. “I cattivi pagatori tengono in ostaggio le imprese e rappresentano uno dei principali ostacoli alla ripresa economica. Chiediamo l’intervento della Commissione europea e del governo italiano perché i ritardi di pagamento sono un cappio al collo degli imprenditori, ne soffocano le capacità competitive e compromettono le opportunità di rilancio dello sviluppo per il nostro Paese”.
Le percentuali delle somme effettivamente erogate alle imprese rispetto alle risorse stanziate sono del 94,2% per i debiti dello Stato, ma scendono all’81,5% per i debiti di Regioni e Province autonome e al 70,2% per quelli di Province e Comuni. La quota dei pagamenti effettuati cala poi drasticamente per i debiti accumulati dal Servizio sanitario nazionale (Asl, Aziende Ospedaliere, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, Gestione Sanitaria accentrata). Secondo il rapporto di Confartigianato, al 22 gennaio 2014 sono stati pagati 6,690 miliardi, pari al 18,1% dei 36.988 milioni di debiti accumulati dal Servizio sanitario nazionale nei confronti delle imprese fornitrici di beni e servizi.
In media, i piccoli imprenditori devono aspettare 143 giorni per riscuotere i crediti dalla pubblica amministrazione nel suo complesso, vale a dire 113 giorni in più rispetto al termine previsto dalla legge. Tra i settori più penalizzati vi è quello delle costruzioni: soltanto il 7% delle imprese viene pagato entro il limite di 30 giorni. I ritardi dei pagamenti hanno avuto pesanti conseguenze sul 37% degli artigiani e delle piccole aziende. In assenza delle risorse dovute dalla pubblica amministrazione, il 10% dei piccoli imprenditori ha dovuto rinunciare ad effettuare investimenti per lo sviluppo dell’impresa, l’8% è stato costretto a ritardare a sua volta i pagamenti ai propri fornitori, il 7% ha dovuto chiedere un finanziamento bancario, un altro 7% ha ridotto le riserve di liquidità d’impresa, il 6% ha ritardato il pagamento di imposte e contributi e un altro 6% ha ritardato il pagamento dello stipendio ai dipendenti.
I pagamenti in 30 giorni imposti dalla legge rimangono quindi un miraggio per le imprese italiane. Per le piccole e medie imprese in sostanza poco è cambiato. La conferma arriva anche da un sondaggio Ispo/Confartigianato, condotto tra il 9 e il 15 gennaio 2014 su un campione di artigiani e piccoli imprenditori per misurare sul campo il rispetto della legge sui tempi di pagamento in vigore in Italia dall’1 gennaio 2013. Complessivamente, nel 2013, emerge che l’83% dei piccoli imprenditori che hanno risposto al sondaggio non ha rilevato alcuna accelerazione nei tempi di pagamento degli enti pubblici. Addirittura, il 12% delle imprese segnala comportamenti anomali da parte della pubblica amministrazione debitrice per aggirare la legge sui tempi di pagamento: ad esempio, richieste di ritardare o di riemettere le fatture, oppure la contestazione pretestuosa su beni e servizi forniti dalle imprese.