A silenziarlo ci avevano già provato in tanti, utilizzando ogni tipo di mezzo. Lecito e pure illecito. A partire dai socialisti al governo di Madrid negli anni ottanta con Felipe Gonzàlez che ingaggiò con Pedro Ramirez un braccio di ferro da manuale dell’enciclopedia sulla libertà di stampa. Ma per liberarsi di uno dei giornalisti più scomodi di Spagna, la politica iberica ha dovuto affidarsi a una mano italiana, quella dei vertici del gruppo editoriale Rcs, lo stesso che in Italia pubblica il Corriere della Sera. Che, con il blitz a Madrid dell’amministratore delegato Pietro Scott Jovane, ha dato il via libera all’uscita di scena del controverso direttore di El Mundo.

Un epilogo amaro per lui e ironico per i suoi nemici: dopo anni di resistenza a suon di colpi di scena ha finito col farsi mettere alla porta dall’azionista italiano che vuole ottenere dal governo di Madrid il via libera alla cessione della filiale Unidad Editorial, editore di El Mundo. Un passaggio importante per Rcs dal momento che per la controllata spagnola, che ha provocato il collasso dei conti dell’editore del Corsera, c’è già un potenziale compratore: un fondo d’investimento costituito in buona parte da capitali spagnoli. Un goal altrettanto importante quello che ha ottenuto Mariano Rajoy per il quale Ramirez era un problema non da poco, visto che le inchieste pubblicate nei mesi scorsi da El Mundo sulla corruzione all’interno del Partito Popolare avevano gettato un’ombra anche sul premier spagnolo sospettato di aver incassato stipendi in nero per anni grazie al finanziamento arrivato da grandi gruppi del mattone.

A parlarne è stata la stessa stampa iberica, secondo la quale a chiedere la testa del direttore ai vertici di Rcs è stato lo stesso Rajoy approfittando del suo ultimo viaggio istituzionale a Roma nel corso del quale avrebbe incontrato i vertici dell’editrice italiana per far passare un messaggio: la disponibilità di Madrid a dare il via libera al passaggio di Unidad Editorial a un fondo interessato però a un “giornale meno aggressivo”. Senza Ramirez, insomma

Non è la prima volta, del resto, che il fondatore del Mundo si scontra con i massimi vertici della politica spagnola: è lui con il giornale Diario16 a rivelare i rapporti fra il Gruppo Antiterrorismo di Liberazione (GAL), gli squadroni della morte degli anni ’80 che assassinarono alcuni esponenti dei separatisti baschi Eta, e il governo socialista di Felipe Gonzàlez. Una verità che costa a Ramirez il posto di lavoro su pressioni del governo, ma che Gonzàlez paga con la sconfitta alle elezioni del 1996.

Neanche un anno dopo arriva lo scandalo sulla vita privata del giornalista con il sexy-video di Ramirez e delle sue performance sessuali con l’avvenente Exuperancia Rapú Muebake. Immagini che tentano di screditare il giornalista spagnolo che fonda El Mundo dopo l’uscita da Diario 16. Scattano però le indagini al termine delle quali la Corte di Madrid condanna cinque persone per violazione della privacy fra cui Ángel Patón, ex segretario personale Gonzàlez. La sentenza stabilisce che l’intento dell’operazione è quello di incidere sulla linea editoriale di El Mundo.

Nello stesso anno, il 1997, Ramirez viene anche nominato, presidente della Commissione per la libertà di stampa della World Association of Newspapers, associazione internazionale no-profit presente in cento Paesi in rappresentanza di oltre 18mila pubblicazioni. Per lui insomma gli onori della battaglia dalla comunità internazionale e la possibilità di continuare le sue inchieste su El Mundo. Non sarà così, invece, in seguito al licenziamento da Rcs e allo scontro con Rajoy: Ramirez, che pure ha incassato una liquidazione fra i 15 e i 20 milioni, non potrà per contratto fondare una testata alternativa a El Mundo per i prossimi due o tre anni.

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