Mentre alla Camera stiamo combattendo, in maniera trasversale, con il sostegno delle Associazioni femminili, per portare delle modifiche alla legge elettorale affinché sia garantita una rappresentanza veramente paritaria, l’Assemblea nazionale francese ha approvato una legge estremamente all’avanguardia che dovrebbe essere un modello per il nostro Parlamento. Il testo, che adesso passerà al vaglio del Senato, in estrema sintesi prevede quello che dovrebbe essere sancito da tutte le Costituzioni democratiche: uguaglianza in campo politico, lavorativo e retributivo.

Tutti principi che in realtà già ci sarebbero ma che non vengono affatto rispettati né in Francia né altrove. Meglio dunque scrivere chiaro e tondo in una legge, ad esempio, l’introduzione della parità di genere nella politica e nelle istituzioni, rendendo più severe le pene finanziarie per i partiti che non presenteranno liste paritarie, con consistenti diminuzioni della prima parte di contributi pubblici. O prevedere che le aziende che non rispettano l’uguaglianza tra uomo e donna, pagando di più l’uomo a parità di lavoro svolto, non potranno partecipare alle gare per gli appalti pubblici, o, infine, che tutte le aziende con più di 250 dipendenti, e che hanno una cifra d’affari superiore a 50 milioni di euro, abbiano il 40% di donne nei consigli di amministrazione entro il 2017.

Ma la vera innovazione del testo francese è nel tentativo di cominciare a cambiare culturalmente la suddivisione dei ruoli, favorendo la condivisione delle responsabilità domestiche e nei confronti dei figli e delle figlie, attraverso l’incentivo del congedo parentale maschile. Finora, la madre o il padre avevano diritto a sei mesi di congedo alla nascita del primo figlio; con la nuova legge il congedo può essere prolungato di altri sei mesi, a condizioni che a beneficiarne sia l’altro genitore. Mentre invece il congedo di tre anni, attualmente accordato a chi ha due o più figli, verrà ridotto ad un massimo di due anni e mezzo se il padre non deciderà di prendere i suoi sei mesi.

Già così sarebbe sufficiente, già così saremmo soddisfatte. Ma la legge va oltre, prevede una maggiore tutela contro le violenze all’interno della famiglia e inaugura una garanzia statale sull’assegno che spetta al coniuge separato più debole, prevedendo che se chi deve pagare non lo fa, sarà lo Stato a farlo rivalendosi in un secondo tempo.

Inoltre, in controtendenza con quanto sta avvenendo in Spagna e rispetto al nuovo oscurantismo che sta prendendo corpo in numerosi paesi europei, l’assemblea ha approvato un emendamento sull’interruzione volontaria di gravidanza che, ribadendo la gratuità dell’intervento, elimina la nozione del concetto di “situazione di forte disagio” e permette di accedere all’aborto anche senza che vi sia un presunto pericolo psicologico o fisico per la donna.

Ma forse, la cosa più originale di questa legge è la lotta alla “iper-sessualizzazione” dei bambini e delle bambine, con una norma che ne vieta la partecipazione ai concorsi di bellezza e blocca il fenomeno nascente delle “mini miss”. Perché non faremo mai passi avanti in tema di uguaglianza, parità e rispetto fino a quando i nostri figli e le nostre figlie cresceranno con l’idea che valgono qualcosa  solo per il loro aspetto fisico.

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