“Nuovi Squadristi” (Corriere della sera). No, “Strategia del caos” (La Repubblica). Macché, “Strategia del suicidio” (La Stampa). Gonfia di istituzionale sdegno, l’informazione di sua maestà biasima e stigmatizza i deputati Cinquestelle e grida al fascismo dei manganelli (all’armi!) dopo i cruenti fatti di Montecitorio. Anche se, a voler sottilizzare, l’unico ceffone della Marcia su Roma 2.0 se l’è beccato la grillina Lupo a opera del molto sobrio onorevole Dambruoso, questore dell’elegante Scelta Civica. Ma fa niente, pure a noi questi sboccati portavoce di M5S piacciono poco (si sa, dalle parolacce all’olio di ricino la strada è breve), anche se Grillo Zedong incita alla rivoluzione che com’è noto non è un pranzo di gala né una festa letteraria o un disegno o un ricamo ma un’invettiva sui pompini.
Resta un punto: chi ci guadagna e chi ci perde? Con il loro ostruzionismo casinista e aggressivo, tra un boia chi molla e l’altro, i pentastellati hanno comunque centrato l’obiettivo di far comprendere a milioni di italiani ciò che l’informazione di sua maestà, così sensibile alle buone maniere, aveva occultato. Che dentro il decreto Bankitalia si nasconde un enorme regalo alle banche (Intesa San Paolo e Unicredit tra tutte, neanche a dirlo) quantificabile in 4,2 miliardi di euro. Ora, nella speciale classifica delle categorie più odiate e disprezzate, i banchieri vengono subito dopo i politici, il che spiega la crescita nei sondaggi del Movimento che Emg-La 7 quantifica al 23,6 per cento, quasi come nei giorni del boom elettorale.
Detestati dagli elettori del Pd che, come tutte le persone normali di questo Paese, sono stufi di versare sangue e tasse per sanare i buchi e gli imbrogli, per esempio di Mps, i banchieri sono invece sommamente amati dai vertici di questo partito che si trasformano in banchieri essi stessi con un prodigioso fenomeno di transustanziazione (vedi Chiamparino). Per questo l’altra sera, mentre le squadracce grilline sferravano le ultime manganellate contro il Bankitalia decreto, dai banchi piddini intonavano “Bella ciao”, simbolo sublime della nuova Resistenza che si combatte non sulle montagne, ma nei caveau.
Il Fatto Quotidiano, 1 febbraio 2014