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Debiti della pubblica amministrazione, dall’Ue parte procedura infrazione

Tajani: "L'Italia avrà 5 settimane di tempo per rispondere alle contestazioni, se la risposta non sarà soddisfacente si procederà con la messa in mora".

Parte oggi la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per i ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese. Lo ha annunciato il vice presidente della Commissione europea Antonio Tajani. “L’Italia avrà 5 settimane di tempo per rispondere alle contestazioni – ha detto il commissario europeo per l’industria e l’imprenditoria – se la risposta non sarà soddisfacente si procederà con la messa in mora“. La decisione arriva dopo aver visionato i rapporti dei consulenti sull’argomento, Confartigianato e Ance, associazione delle imprese del settore delle costruzioni, oltre che di Assobiomedica. In tutti i casi emerge una violazione palese della direttiva Ue riguardo ai ritardi nei pagamenti. Secondo il report dell’Ance presentato lunedì 3 febbraio i ritardi accumulati dagli enti pubblici superano i 200 giorni con punte di 1000. Un tema del resto che era sul tavolo di Tajani fin dal novembre 2011 e del quale l’allora ministro per lo Sviluppo economico, Corrado Passera, si sarebbe dovuto occupare tempestivamente, stando alle parole dello stesso ex banchiere a poche settimane dall’insediamento del governo Monti.

Le violazioni contestate all’Italia nella procedura Eu pilot si riferiscono agli articoli 4 e 7 della direttiva. “Non ho un intento punitivo – ha detto Tajani nel corso di una conferenza stampa – ho aspettato un anno e un mese ma la situazione anziché migliorare è addirittura peggiorata. In nessun altro Paese i rapporti degli advisor sono stati così negativi. Se l’Italia è in grado di dimostrare entro 5 settimane la non violazione della direttiva, non ho problemi a chiudere la procedura”. Secondo Tajani, poi, “è difficilmente dimostrabile” che ci siano state delle riduzioni nei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione alle imprese. Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, venerdì scorso aveva riferito di “evidenze di riduzioni significative” nei tempi dei pagamenti. “Non voglio polemizzare con nessuno e non entro nel merito delle dichiarazioni del Mef, dico solo -ha affermato Tajani- che c’è stato un calo minimo dei pagamenti dei debiti pregressi, poi però ci sono i nuovi pagamenti da fare. Ho ricevuto ben due rapporti indipendenti da Ance oggi e venerdì scorso da Confartigianato che ha elaborato la sua ricerca su dati del Mef. Sono due rapporti indipendenti cui si aggiunge quello di Assobiomedica. Per aprire una procedura devo guardare alla realtà diffusa e questi rapporti parlano di una realtà diffusa di ritardo dei pagamenti”, ha spiegato.

Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, nel 2013 il numero dei fallimenti registrati in Italia ha superato quota 14.200, il 14,5% in più rispetto al 2012 e in aumento del 52% se la comparazione viene eseguita con il 2009. “Oltre agli effetti della crisi economica – segnala il segretario Giuseppe Bortolussi – a dare un contributo all’impennata dei fallimenti hanno sicuramente contribuito anche il ritardo dei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione (Pa) , l’incremento del livello di tassazione e la contrazione nell’erogazione del credito praticata dalle banche”. “Nonostante nell’ultimo anno lo Stato abbia erogato oltre 20 miliardi di euro e i tempi di pagamento della nostra Pa siano scesi di 10 giorni – prosegue Bortolussi – rimaniamo i peggiori pagatori d’Europa: in Italia il saldo fattura avviene mediamente dopo 170 giorni, contro una media Ue di 61. Nel 2013 la pressione fiscale ha raggiunto il suo record storico, 44,3%, un livello mai toccato in passato. Infine, tra novembre 2012 e lo stesso mese del 2013, i prestiti bancari alle imprese sono diminuiti di 60,5 miliardi di euro, pari ad una contrazione del 6,2%”.

Quanto all’ammontare dei debiti della pubblica amministrazione, secondo il segretario degli artigiani di Mestre “tenendo presente che l’anno scorso lo Stato ha pagato circa 22 miliardi di euro di debiti pregressi, è verosimile ritenere che i creditori della Pubblica amministrazione italiana vantino circa 100 miliardi di euro, esclusi quelli eventualmente maturati nel frattempo. Si tratta di una nostra stima che risulta essere molto diversa dalla cifra emersa dall’indagine campionaria presentata nel marzo scorso dalla Banca d’Italia in un’audizione parlamentare. Secondo i ricercatori di via Nazionale, il debito della Pubblica amministrazione (Pa) era pari a 91 miliardi di euro (chiaramente da questo importo vanno stornati i circa 22 miliardi di euro pagati nel 2013). Una cifra che, ormai, viene presa come riferimento da tutti gli osservatori ogni qual volta si dimensiona l’ammontare complessivo dei crediti che le aziende vantano nei confronti del settore pubblico”. Tuttavia, ricorda Bortolussi, “si tratta di una foto scattata il 31 dicembre 2011, ovvero più di due anni fa nella quale non sono comprese le aziende con meno di 20 addetti che, ricordo, costituiscono il 98% del totale delle imprese italiane. In questa ricerca, inoltre, non sono state coinvolte le imprese che operano nei settori della sanità e dei servizi sociali che, storicamente, sono quelli dove si annidano i ritardi di pagamento più eclatanti. Alla luce di questi elementi, riteniamo che l’ammontare dei debiti scaduti stimato dalla Banca d’Italia sia sottodimensionato di circa 30 miliardi di euro”.

La procedura Ue contro l’Italia per i ritardi nei pagamenti alla Pa è solo l’ultima di una lunga lista di contenziosi aperti, che assegnano all’Italia la maglia nera in Europa. In base all’aggiornamento del 23 gennaio, pubblicato dal governo, le infrazioni a carico del Belpaese sono 105, di cui 81 riguardano casi di violazione del diritto Ue e 24 il mancato recepimento di direttive. Sono svariati i settori in cui la Commissione europea ha avanzato azioni contro il Belpaese: in testa troviamo l’ambiente con 22 contenzioni in corso; poi fisco e dogale (14); trasporti (12); lavoro e affari sociali (7) in ex equo con appalti, solo per citare alcune cifre. Le contestazioni interessano casi di ogni tipo, di impatto più o meno grande, dal caso Ilva ai succhi di frutta. Una delle più imporanti è infatti la procedura legata allo stabilimento siderurgico di Taranto per la violazione delle norme in materia di responsabilità ambientale avviata lo scorso settembre. L’ultima in ordine cronologico riguarda invece il mancato recepimento della direttiva sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Risale invece al 2007 quella sulla golden share, i poteri speciali da applicarsi a determinate imprese per la salvaguardia di interessi nazionali. Di grande impatto per i consumatori è invece quella sulla cattiva applicazione delle norme su compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato. C’è poi la procedura sulle pensioni per le differenze uomo-donna, o quella sulla mancata attuazione del pacchetto ferroviario. Ci sono poi valanghe di procedure su altre questioni: dagli imballaggi alla farmacovigilanza, i succhi di frutta, la traduzione dei procedimenti penali, gli animali usati per gli esperimenti e persino i camini. Innumerevoli procedure dunque, la più vecchia risale al 1992 e riguarda la pesca, ma nessuna sanzione pagata ad oggi. L’iter delle procedure è infatti molto lungo e per anni Bruxelles le ha usate più che altro come deterrente. La procedura contro la Pa segna però un punto di svolta perchè, per la prima volta con la direttiva in merito, si rende vincolante il pagamento degli interessi di mora. A occhio e croce ad oggi ammontano tra i 3-4 miliardi di euro.