Per il suo terzo disco (autoprodotto) il giovane cantautore piemontese Nicolas J. Roncea ha pensato di fare le cose in grande: Eight, questo il titolo del nuovo lavoro, è una raccolta di tre album, ciascuno dei quali contiene 8 brani di cui 7 originali e una cover per l’artista particolarmente significativa. “Era mia intenzione fare un album così ricco di canzoni – racconta Nicolas – perché sentivo il bisogno di inserire più caratteri e scenari differenti, ma soprattutto avere lo spazio per poter sperimentare e mettere in gioco più cose. Alcuni dei brani che saranno nella terza parte di Eight ancora non sono stati scritti. Sarà un disco registrato e lanciato a caldo, sperando di riuscire a esprimere al meglio le emozioni del momento”. Nicolas ha studiato in modo accurato anche le modalità del lancio: prima dell’uscita di ogni album saranno pubblicati dei video in anteprima su YouTube, con una versione priva di arrangiamenti dei brani, in versione acustica con solo chitarra e voce. Ogni quindici giorni, a partire da gennaio, viene pubblicata una canzone accompagnata da un video. Il meccanismo si ripete tre volte fino ad arrivare a un vinile che raccoglie le dieci canzoni che saranno ‘scelte’ dal pubblico. “Avere costanza nella pubblicazione dei video – afferma il cantatore – è un modo per tenere viva l’attenzione, dare un seguito e creare una sorta di aspettativa”. Nell’epoca delle serie tv, Eight si può intendere come un album che esce a puntate, organizzato in tre stagioni l’una diversa dall’altra. Riguardo alle canzoni del primo dei tre dischi, dalle sonorità folk pop, “i testi parlano di me e di quello che mi succede. Mi limito a raccontarmi e a raccontare gli episodi più significativi della mia vita, anche attraverso immagini visionarie. Poi ci sono chiari riferimenti alle persone, incontrate e da incontrare, a quelle che stimo, quelle che amo, quelle perdute e ritrovate e anche a quelle che non comprendo”.
Nicolas mi parleresti di questo nuovo lavoro?
Eight è fondamentalmente un lavoro che raccoglie ben tre dischi in uno Gli album saranno distribuiti e acquistabili per una cifra simbolica attraverso i canali digitali più conosciuti e sarà realizzata una versione fisica in tiratura limitata grazie alla preziosissima collaborazione dell’artista Pierpaolo Viberti che realizzerà appositamente dei dipinti. L’artwork dei tre album sarà un aspetto molto particolare e curato, che darà un carattere preciso al prodotto. Eight è un progetto decisamente impegnativo che non riuscirei a portare avanti senza l’aiuto di Roberto Ruzzi che si occupa delle immagini e dei video e del produttore Pol Bergese.
Qual è stata l’idea di partenza?
La mia idea iniziale consisteva nella produzione di un semplice album che contenesse una ventina di tracce. Nel momento in cui ho incontrato il produttore Pol Bergese per definire la collaborazione, abbiamo pensato che per riuscire a incuriosire il pubblico e renderlo più partecipe poteva essere una buona soluzione quella di usare una piattaforma nota come YouTube. L’idea mi è piaciuta tantissimo e abbiamo deciso di intraprendere questo lungo percorso.
Quali sono le tue ambizioni legate al riguardo?
Spero che grazie a questo lavoro a cui sto dedicando e continuerò a dedicare tante energie e tanto tempo avrò la possibilità di poter fare nuovamente un bel giro per l’Italia e per l’Europa, incontrare belle persone, condividere esperienze con nuovi musicisti e magari, perché no, esibirmi su qualche palco importante.
Cosa vuol dire per te suonare ed esibirti?
Credo che esibirsi sia il momento più significativo per ogni musicista. Nel momento in cui suono davanti a un pubblico, meglio se attento, i sacrifici sostenuti e le piccole frustrazioni e delusioni che la musica ci dà svaniscono. Descrivere le sensazioni che si hanno prima, durante e dopo un concerto è una cosa che non sono mai riuscito a fare come avrei voluto ma la maggior parte delle volte è assolutamente meraviglioso.
Di cosa parlano le tue canzoni?
Le canzoni parlano di me e di quello che mi succede. Non tratto di politica, non faccio critiche alla società, non uso la mia musica come strumento per denunciare qualcosa che non mi piace o che a mio parere non va. Mi limito a raccontarmi e a raccontare gli episodi più significativi della mia vita attraverso delle immagini visionarie, inesistenti. Sono un sognatore e mi piace viaggiare con la fantasia. Quando scrivo mi concentro soprattutto sulla musicalità dei brani e sulle emozioni che possono dare le melodie. Con questo non intendo dire che non do importanza ai testi, al contrario per me sono fondamentali, ma cerco di caratterizzare la mia musica con l’armonia e con il suono. Naturalmente l’argomento di cui tratto maggiormente sono i sentimenti, in particolare l’amore legato a un po’ di malinconia è l’elemento che è presente in molti dei brani di Eight.
C’è un artista a cui ti ispiri particolarmente?
Prima di essere un musicista sono innanzitutto un grande appassionato e quindi ascolto tantissima musica. Non c’è quindi un solo artista a cui mi ispiro particolarmente, ma se devo citarne uno sicuramente è Elliott Smith, songwriter americano scomparso nel 2003 che ha scritto alcune delle canzoni che porterò con me per sempre. In un certo senso il titolo Eight richiama anche al suo disco Figure 8 uscito nel 2000 che non è il suo lavoro da me preferito, ma è quello che mi ha fatto avvicinare alla sua arte, che ho poi voluto approfondire in quanto ammaliato dal suo modo di comporre e di intendere la musica.
Cosa pensi della cosiddetta scena indipendente?
Credo ci sia molta confusione riguardo a cosa sia la scena indipendente e a chi ne faccia parte. Il mio background musicale è caratterizzato da ascolti di band legate al do it your self che avevano un altro modo di interpretare il “fare musica”. Oggi ho l’impressione che anche il musicista più indipendente sia influenzato da meccanismi che personalmente non condivido a partire dal modo in cui si cerca di fidelizzare il pubblico, all’importanza che si dà alla propria immagine, agli obiettivi che si prefissa. Tuttavia, con un po’ di senso critico forse io stesso sono vittima di queste dinamiche anche se cerco di non perdere mai di vista il vero motivo per cui faccio musica ovvero perché mi piace e ne sento il bisogno. Tutto il resto dovrebbe essere una conseguenza, ma spesso e volentieri credo che non sia così. In Italia esistono grandissimi artisti che non hanno il seguito che meriterebbero, ma che potrebbero tranquillamente tenere testa a grandi band internazionali.
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