In occasione della degustazione, in anteprima, dell’ultima annata di vino Amarone, siamo tornati in Valpolicella: fra le colline disegnate dai vigneti, specie a pergola, che sono trattenuti da muretti centenari (le cosiddette “marogne”), inframmezzati da ulivi e ciliegi, sovrastati da pievi romaniche e splendide ville venete costruite dagli antichi nobili veronesi. Quest’area prealpina è composta da diverse valli, che si snodano dai monti Lessini come le dita di una mano, protette dai venti freddi e dagli eventi termici estremi, anche perché carezzate dalla funzione termoregolatrice del lago di Garda. “La Valpolicella”, afferma Diego Tommasi del Centro di Ricerca per la Viticoltura “è una sorta di anfiteatro con vigneti dai 100 ai 500 metri sul livello del mare, baciati dal clima e dalla conformazione morfologica, in cui prosperano i vitigni autoctoni che rappresentano il 95% della coltivazione viticola. Parliamo di Corvina, Corvinone ma anche Rondinella, Molinara e Spigamonti, che accertano biodiversità, esprimendosi al meglio in questi suoli di origine marina, dunque ricchi di calcare. E sono particolarmente adatti a un vino di appassimento come l’Amarone: per dimensione degli acini, compattezza del grappolo, cera e spessore della buccia (che è maggiore ad esempio dei soliti Cabernet e Merlot). E perché appassiscono più lentamente inducendo un maggior contenuto di polifenoli del vino: che risulta dunque più complesso e longevo”.
In Valpolicella si hanno 7288 ettari di vigna (nell’anno 2000 c’erano 2000 ettari in meno), da sempre coltivati in collina: come di recente ha rilevato l’Associazione delle Famiglie dell’Amarone, opponendosi a una recente modifica del disciplinare di produzione dello stesso vino, che consentirebbe l’estensione della zona di produzione anche ai terreni in pianura e in fondovalle (aree non propriamente vocate), e dunque un ampliamento del 30% della superficie vitata. La Regione Veneto si sta occupando della controversia.
A coltivare vite oggi ci sono 2246 aziende: 2495 producono uva per Amarone (e Recioto), 272 imbottigliano circa 60 milioni di bottiglie l’anno, per un valore di circa 350 milioni di euro: oltre il 20% delle bottiglie è di Amarone, che è un marchio noto in tutto il mondo. Viene difatti venduto per il 90% nei mercati esteri, Canada Usa e Nord Europa soprattutto, con buone prospettive di espansione: così osserva in una relazione il Presidente del Consorzio della Vapolicella, Marchesini. Il prezzo medio delle uve destinata a produrlo si è alzato negli ultimi anni arrivando a 2,5 euro per chilo.
Quanto agli assaggi e all’annata: erano presenti solo il 20% dei campioni (61 vini) dell’intera produzione, oltre la metà dei quali era “prelevato da botte” dunque non ancora nella versione definitiva. Il che permette di avere non tanto un’idea dei singoli vini quanto un’idea dell’annata, la 2010, che non è di certo fra le migliori: annata fresca e particolarmente piovosa, anche in vendemmia, come poche altre negli ultimi 30 anni. Ciò non ha dicerto favorito il vino Amarone, che si fonda sull’appassimento delle uve, problematico quand’esse sono “bagnate” in raccolta”: nel 2010 l’appassimento è stato piuttosto veloce, durando circa 90 giorni, con un calo di peso delle uve di circa il 36%.
Alla degustazione i vini sono sembrati meno goffi, dolci e alcolici (l’annata fresca ha aiutato) di qualche anno fa. E forse anche un poco meno legnosi, anche se non pochi di essi erano crudi o verdi. Le ingenuità stilistiche ed enologiche incidono ancora più delle diversità pedoclimatiche dei vari comuni. Forse oggi l’Amarone è un vino meno incosciente della sua identità, ma difetta ancora di modelli illuminanti.
Fra i migliori prodotti si segnala Stefano Accordini: col solito Amarone Classico Acinatico, Corte Sant’Alda Albino Armani con l’Amarone Classico Cuslanus, Monte del Frà, Secondo Marco con l’Amarone Classico.
Certo mancavano diversi bravi produttori di Amarone, e alcuni siamo andati a visitarli, in questa e altre occasioni per assaggiare le nuove uscite. Spiccano, come non di rado, anche perché commerciano ora vini più maturi:
Quintarelli: indiscutibili ed emblematici sia l’Amarone Classico 2004 sia il Recioto 2001. É ancora il modello estetico a cui ispirarsi.
Roccolo Grassi: ottimi sia l’Amarone 2009 (non ha prodotto Amarone nel 2010 ma solo Valpolicella) che il Recioto 2008. Vini di insolita finezza e precisione.
Monte dei Ragni: l’Amarone 2007 (ora in vendita) è un vino davvero gusto e caratteristico. Di grande personalità-
Nota di merito va al Consorzio della Valpolicella che ha organizzato una manifestazione fondata sull’informazione, vedi i seminari sulla zonazione del CRA-VIT, più che sulla comunicazione. Non accade spesso, e una differenza c’è ancora. Di certo ci piacerebbe vedere ancora più campioni e più produttori, magari inducendo anche quelli che commerciano annate più mature, che possono essere messi a confronto con una degustazione “retrospettiva” dei vini degli altri.