La ricerca italiana firma un passo avanti nella lotta al glioblastoma, il tumore cerebrale più diffuso e aggressivo che secondo dati Airtum (Associazione italiana registri tumori) fa registrare nel nostro Paese oltre 1.200 casi all’anno. In uno studio condotto in Canada nei laboratori della McGill University di Montreal – con primo autore il neurochirurgo Alessandro Perin, oggi in forze all’Istituto neurologico Besta di Milano – sono state individuate due proteine che avviano la crescita del glioblastoma.
Si tratta dei fattori di trascrizione FOXG1 e Groucho/Tle, che in futuro potrebbero essere il bersaglio di nuove terapie in grado di bloccare lo sviluppo del cancro. Il glioblastoma rappresenta il 15% di tutti i casi di tumore cerebrale e colpisce in particolare tra i 45 e i 70 anni, soprattutto gli uomini. La ricerca, condotta in collaborazione con l’ospedale di Treviso, l’Istituto di genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati Traverso’ di Napoli e l’Hotchkiss Brain Institute dell’università canadese di Calgary, è pubblicata su Nature Communications.
“FOXG1 e Groucho/TLE, come veri e propri interruttori – spiega Perin – accendono e spengono l’espressione e quindi l’azione di numerosi geni: per questo aver scoperto il ruolo di questi due fattori di trascrizione apre diverse possibilità terapeutiche”.
Lo scienziato tiene tuttavia a puntualizzare che, “sebbene sia un passo importante, non è ancora una cura e quindi andranno ancora sviluppati ulteriori studi prima di un’eventuale applicazione nella pratica clinica”.
Le due proteine individuate agiscono su uno specifico gruppo di cellule chiamate Brain-tumor initiating cells (Btics), tra cui anche staminali tumorali, che danno inizio al glioblastoma e ne formano il primo nucleo. Queste cellule riescono a ‘innescare’ il cancro anche quando sono poco numerose, perciò sono spesso causa di ricadute anche dopo interventi chirurgici, radioterapia e chemioterapia. Bloccando i meccanismi di proliferazione delle Btics, quindi disattivando queste cellule ‘serbatoio’, i ricercatori mirano a contrastare la formazione di recidive tumorali ancora più aggressive.
In una nota, il Besta ricorda infine una curiosità sul fattore Groucho/TLE: deriva il suo nome dall’omonimo comico, componente del trio americano dei fratelli Marx. Il primo ricercatore che si occupò della proteina la studiò infatti nei moscerini della frutta, selezionando varianti mutanti di insetti che iperproducevano il fattore e mostravano una sovrabbondanza di ciglia sopraorbitali, molto simili alle folte sopracciglia di Groucho Marx.