Le premesse per una campagna elettorale al veleno ci sono tutte: accuse di irregolarità, sospetti di sgambetti tra compagni di partito, dichiarazioni limate con l’accetta. E tutto fa pensare che la corsa non sarà affatto semplice. Così, in questo clima, Reggio Emilia si prepara a scegliere il candidato sindaco per il dopo Delrio. Lunedì 3 febbraio sono state consegnate le adesioni necessarie per partecipare alle primarie del centrosinistra in programma il 2 marzo. Ed è già scoppiata la bufera. Ernesto D’Andrea, consigliere comunale del Pd, rimasto fuori per un pugno di firme, ha puntato il dito contro i suoi stessi colleghi di partito, parlando di scarsa trasparenza e schede falsificate: “Sono stato vittima di nefandezze e calunnie, mi hanno boicottato e dato del fascista”.
Eletto con i Ds prima e con il Pd dopo, D’Andrea, di professione avvocato, a dicembre decide di partecipare alle primarie del centrosinistra per la candidatura a sindaco. Insieme a lui, entrano in campo il capogruppo in Comune Luca Vecchi, renziano ultrafavorito grazie al sostegno di gran parte del partito, l’assessore alla Coesione sociale sempre in quota Pd, Franco Corradini, Matteo Sassi di Sel ed Emanuele Magnani dell ‘Idv. Alla chiusura della raccolta firme l’unico a rimanere fuori è D’Andrea, che però, scherzo del destino, è anche quello ad avere più firme: quasi 2300 contro le 2200 del favorito Vecchi. Il problema sta nel numero delle adesioni dei tesserati: da regolamento ce ne vogliono almeno 260, ma D’Andrea si ferma a quota 210.
“Le regole sono regole e vanno rispettate” spiega D’Andrea. “Ma io mi ritrovo buttato fuori, perché non mi hanno dato possibilità di confrontarmi. Evidentemente a qualcuno dava fastidio che potessi manifestare le mie idee e la mia indipendenza”. Secondo il consigliere il giorno dopo la sua decisione di scendere in campo, alcuni esponenti del Pd hanno messo in atto una sorta di boicottaggio. “In alcuni circoli hanno diffuso la voce che ero un ‘fascista’, in altri che non ero in grado di fare il sindaco perché non originario di Reggio Emilia. In altri ancora che ‘non ero uno di loro’. Ma una delle cose che ritengo più gravi è la chiusura totale al dibattito. In 15 giorni, non ho mai potuto mettere piede nei circoli nonostante l’abbia chiesto più volte. Sono stati organizzati incontri con Vecchi, così che poi lui poteva passare tra gli iscritti a raccogliere le firme”.
Il consigliere, che ora sta meditando di abbandonare il simbolo Pd per correre con una lista autonoma, si rivolge direttamente a Matteo Renzi e all’ex sindaco Graziano Delrio, oggi ministro della squadra di Letta. “Mi meraviglio che non abbiano speso nemmeno una parola, visto che erano proprio loro a farsi paladini del rispetto delle regole quando Renzi era candidato alle primarie. Non si possono usare due pesi e due misure, e invocare la correttezza solo quando fa comodo. Dovrebbero sapere che i loro rappresentati locali sul territorio le regole le hanno calpestate”. Ma le denunce non si fermano qui. D’Andrea cita due episodi precisi: il reclutamento di stranieri, fatti tesserare all’ultimo momento per fare numero, e l’alterazione delle schede usate per la la raccolta delle firme. “È successo al circolo di Pieve Modolena. L’ho accertato personalmente”.
Accuse di brogli che adesso, dal circolo incriminato, vengono respinte al mittente con un comunicato stampa: “Nel nostro gruppo la raccolta delle firme si è svolta all’insegna della massima correttezza”. Anche Vecchi cerca di smorzare i toni e invita, con una nota su Facebook, a seppellire l’ascia di guerra. “Al di là delle firme raccolte auspico che anche Ernesto possa essere della partita per un confronto civile e utile alla città al di fuori di ogni sterile e inutile polemica”. La partita è ufficialmente aperta.