Diventa un giallo il retroscena pubblicato dal Secolo XIX stamattina, con Romano Prodi che mette in guardia Matteo Renzi dal favorire Silvio Berlusconi attraverso l’agognata riforma della legge elettorale. E’ da giorni che questo rischio viene evocato, soprattutto dopo il ritorno di Casini all’ovile berlusconiano e i numeri diffusi dagli ultimi sondaggi. Ma il sigillo del professore che per due volte ha affrontato e vinto il Cavaliere ha ben altro peso in casa democratica. “Rischiamo non solo di resuscitare Berlusconi, ma di farlo vincere, che è molto peggio” dice Prodi secondo il racconto del Secolo XIX firmato da Marco Marozzi (cronista che da anni segue il Professore). Il pericolo, nel pensiero del professore riportato dal quotidiano genovese, è di finire come Veltroni: nel 2008 professava l’autosufficienza, poi all’ultimo tuffo scelse di imbarcare anche l’Italia dei Valori, ma non bastò. Il centrodestra stravinse come mai accaduto prima e l’allora leader democratico (che pareva destinato a una carriera da statista) fu costretto alle dimissioni di lì a meno di un anno.
Il retroscena fa il giro del web, ilfattoquotidiano.it compreso. Ma sono quasi le sette di sera quando Romano Prodi detta alle agenzie una smentita di fuoco: “Smentisco nel modo più radicale quanto a me attribuito dal Secolo XIX a firma di Marco Marozzi. Da mesi non vedo Marco Marozzi, da mesi non lo incontro e non parlo con lui. Quandanche lo avessi incontrato mi sarei guardato dall’avere con lui conversazioni su temi politici. Questo suo presunto scoop mi indigna profondamente”.
Prodi smentisce, ma il tema resta, e non solo nella sinistra Pd (D’Attorre, Cuperlo, Zoggia). “Con Matteo candidato non ci saranno problemi – dice David Ermini, renziano, sempre al Secolo– Certo, Berlusconi riesce a mettere insieme la Lega e la destra. Noi abbiamo il problema di ciò che è a sinistra del Pd”. “Pd, Sel e poi? – rifletteva lo stesso Prodi – Bisogna che davvero Renzi sia in grado di portare via voti al centrodestra, ma così rischia di perderne a sinistra, da Rifondazione, Pdci, tutti quelli che comunque non raggiungerebbero il quorum e magari non votano il Pd”. Tanto che fanno di nuovo capolino le formazioni che sembravano perse nelle memoria: “Renzi attento – dichiara il segretario nazionale dei Comunisti Italiani, Cesare Procaccini – Vincere le primarie non vuol dire vincere le elezioni vere”.
No, l’Unione per carità no, però il centrodestra mette insieme di tutto – dai quasi-nazionalisti a una specie di indipendentisti. Anche per questo l’Italicum potrebbe non avere proprio un’autostrada davanti. Al Senato, per dirne una, la commissione Affari costituzionali è presieduta da Anna Finocchiaro, esponente della sinistra del partito come altri 5 componenti Pd (Maurizio Migliavacca, Miguel Gotor, Francesco Russo, Luciano Pizzetti, Doris Lo Moro). Solo due senatori Pd in commissione sono renziani (Isabella De Monte e Giorgio Pagliari). L’ultimo componente è Corradino Mineo, sostenitore del Mattarellum e di Pippo Civati.
Quello che tutti dimenticano è che Silvio Berlusconi è come se non esistesse, per la legge elettorale. Essendo stato condannato e sottoposto alla legge Severino il Cavaliere non ha diritti né di elettorato attivo né di elettorato passivo. E’ incandidabile, non se ne esce. Ma a ricordarlo non è il centrosinistra. Sono gli ex del Pdl: “Per metterci insieme e battere la sinistra le primarie sono il metodo migliore – dice Angelino Alfano – Nel momento in cui il presidente Berlusconi non è candidabile, possiamo fare una gara che ci metta nelle condizioni di scegliere il candidato voluto dalla base del centrodestra. In questo momento, per ragioni che non sono ascrivibili alla sua volontà e che abbiamo sempre considerate ingiuste, non è candidabile. La differenza non è da poco”. Oggi lo ribadisce Renato Schifani: “Silvio Berlusconi non è candidabile alle primarie del centrodestra, né è pensabile che si possa fare il premier per interposta persona”. Ma da quell’orecchio Renato Brunetta non ci sente: “Se si votasse oggi il centrodestra sarebbe vincente – dice al Tg2 – Berlusconi vincerebbe al primo turno grazie proprio al potere di coalizione di Forza Italia. Con l’Italicum vince chi ha più potere di coalizione, e Berlusconi ce l’ha”. Certo, Casini è stato riaccolto come il figliol prodigo da Berlusconi, ma non dal resto del centrodestra. Roberto Maroni, per dire, ha precisato più o meno: “O c’è un programma serio o stia dov’è”. Ma il centrodestra ci ha abituato a tutto in questi anni: dal “mafioso” gridato da Umberto Bossi al Cavaliere alle comiche finali pronunciate da Gianfranco Fini sempre all’indirizzo di Berlusconi, dalle responsabilità per le cose non fatte che l’ex presidente del Consiglio ha dato sempre ai leader degli alleati più piccoli (Casini, Fini), da separazioni e ricongiungimenti continui. Quindi l’operazione di ricompattamento della coalizione delle destre partirà probabilmente già in occasione delle Europee, visto che da più parti si ipotizza l’unione delle forze tra Alfano e Casini. Tutte alchimie, certo. Ma chi sia lo stregone è più che noto.