Il tribunale civile ha acquisito le prove documentali, ma ha ritenuto superflua la richiesta di una consulenza tecnica per la quantificazione del danno non patrimoniale contro Valerio Fioravanti e Francesca Mambro per la strage del 2 agosto 1980
Il tribunale civile di Bologna ha acquisito le prove documentali presentate dall’Avvocatura dello Stato, ma ha ritenuto superflua la richiesta di altro materiale. E’ stata respinta inoltre la necessità di una consulenza tecnica per la quantificazione del danno non patrimoniale nella causa contro Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati definitivamente per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. L’udienza è stata aggiornata ai prossimi mesi per la presentazione delle conclusioni. La decisione di merito del giudice potrebbe arrivare dopo l’estate.
L’Avvocatura dello Stato nei mesi scorsi aveva chiesto ai due il pagamento di un risarcimento da un miliardo di euro per danno “non patrimoniale” e 59,8 milioni di euro per “danno patrimoniale” da destinare alla presidenza del Consiglio e al ministro dell’Interno. Condannati definitivamente all’ergastolo per la strage che provocò 85 morti e 200 feriti, Mambro e Fioravanti, attualmente sono liberi dopo aver espiato la pena. L’Avvocatura dello Stato ha anche presentato un grafico basato su dati Istat che mostrava una caduta nelle entrate derivanti dal turismo nel periodo successivo alla strage, e ha indicato come perizie simili siano per esempio state fatte negli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre. La difesa di Mambro e Fioravanti anche oggi si è opposta alla richiesta di risarcimento sostenendo che nel frattempo è intervenuta la prescrizione, e che l’individuazione e la quantificazione del bene statale “asseritamente leso” sono da considerarsi “assolutamente generiche”. “Noi non entriamo nel merito del fatto – ha detto l’avv. Alessandra Tucci – c’è una sentenza penale definitiva che non contestiamo e rispettiamo. Ma il processo civile ha regole ferree sul fronte della prove e delle preclusioni”. Sempre oggi l’Avvocatura ha ricordato di aver prodotto ben 17 atti interruttivi che eviterebbero la prescrizione.