L'amministratore del fondo Algebris risponde da Londra alle domande a tutto tondo del fattoquotidiano.it. Un pensiero anche per gli operai sardi del Sulcis: “Allo Stato sarebbe convenuto pagarli per stare a casa a non far niente piuttosto che elargire aiuti pubblici”
Gli italiani? “Ossessionati più da chi è l’allenatore e meno dai risultati della squadra nazionale”. Che a dirlo sia Davide Serra, il finanziere italiano da vent’anni a Londra e supporter del leader del Partito democratico Matteo Renzi, fa sobbalzare molti dei presenti all’incontro organizzato martedì 4 febbraio alla London School of Economics, nella capitale britannica, dall’Italian Society, un’associazione di studenti e dottorandi del Belpaese. Così il fondatore e amministratore delegato del fondo Algebris spiega anche il suo “no” a una maggiore presenza di uomini di Renzi tra le file del governo di Enrico Letta. Per ora, almeno. “Cambiare le persone ora non farebbe la differenza – dice – perché il governo Letta aveva sette o otto punti da portare a termine e il Paese andrà avanti solo se ne porterà a compimento almeno due o tre. Più Letta fa e meglio è per il Paese e quello che dice Renzi è giusto, e cioè che una volta che hai una bicicletta devi pedalare. Perché il governo deve servire il cittadino e non il contrario. Un rimpasto ora non sarebbe la giusta soluzione – aggiunge – perché tutti sanno benissimo dove risiede il problema”. Certo, “molto dipenderà da una nuova legge elettorale, nel caso tutto sarà diverso”.
Quanto alla sua personale passione per l’ex rottamatore: “Quattro o cinque anni fa, nel pieno della crisi finanziaria, presi la decisione di agire, stare quieto e passivo non era più un’opzione. I miei nonni e genitori hanno fatto tanto per me e io lo sto facendo per i miei figli metà inglesi e metà italiani. Per questo mi sono impegnato. Ho conosciuto gli esponenti dei principali partiti britannici, poi ho analizzato la situazione italiana. E ho conosciuto Matteo Renzi”, ricorda. E da lì ha voluto sostenerlo, anche a fronte di un panorama politico desolante. “Se dessimo le chiavi alle stesse persone che per venti anni ci hanno distrutto, il Paese andrebbe al collasso in tempo breve. Matteo ha le migliori chance di successo, come sindaco di Firenze ha tagliato le tasse, la spesa pubblica e le poltrone agli anziani. Poi Matteo è della mia generazione e questo significa che non ha avuto il tempo di rubare denaro. Quello che hanno fatto altri”.
Ma a prescindere dalle passioni personali, Serra insiste sulla necessità di un violento cambio di rotta. “Il nostro Paese ha bisogno di uno shock”, dice più volte durante l’evento. E quella scossa deve passare anche per il mondo imprenditoriale. “Prendiamo Fiat – spiega a ilfattoquotidiano.it – Sappiamo che ormai la maggioranza dei suoi profitti arriva dagli Stati Uniti. Tenere il quartier generale a Torino oggi sarebbe anacronistico, perché Fiat è andata incontro a una enorme riforma strutturale e ora si faranno sempre più soldi con il marchio americano”. Quanto a Londra scelta come domicilio fiscale, il motivo è chiaro per Serra: “Il Regno Unito, è un Paese con uno dei più bassi tassi di corruzione in Europa, la legge funziona e dall’anno prossimo la corporate tax sarà al 20%. Cameron ne ha fatto un motto, ‘siamo aperti al business’. E l’obiettivo di incentivare gli investimenti delle aziende straniere sta funzionando”. Così, l’immagine di “un’Italia dove gli avvocati stanno diventando il cancro del Paese” perché “tutti vogliono fare l’avvocato invece che l’ingegnere o lo scienziato e questo viene supportato dall’apparato burocratico” si contrappone a quella di un Regno Unito “aperto agli affari”. “Chiaramente quella del cancro era una metafora”, precisa alla fine Serra, ma il colpo è ormai assestato.
Il finanziere parla anche della vicenda Electrolux. “Un dramma – ammette – L’estate scorsa, però, al Forum di Davos le leggi sul lavoro del sud Europa erano paragonate alla cattiva gestione di un hotel. Come se, nel tentativo di aumentare il tasso di occupazione delle camere, non si lasciasse fare il check out agli ospiti. Così, quando sei dentro non puoi uscire”. Ma Serra sull’Electrolux parla anche di “rigidità” causata “dai sindacati” e dal “sistema del lavoro, che fa in modo che le giovani generazioni non trovino impiego”. Poi, c’è la dura realtà. “La verità è che un’azienda come Electrolux deve fare prodotti e soldi. Insomma, vogliono essere competitivi ed è risaputo che il costo del lavoro, anche dopo il costo sociale, rende poco competitivi. Così bisogna tagliare il salario netto. È triste, ma è la realtà”.
Infine, fra un attacco alle politiche verdi – “conosco gente che fa business ecologico e non sa minimamente che cosa significhi… produrre un pannello solare produce molta più anidride carbonica di quella che fa risparmiare, quella dei rigassificatori è una buona strada” -, Serra tocca anche il nodo degli operai sardi del Sulcis: “Ho fatto un calcolo e allo Stato sarebbe convenuto pagarli per stare a casa a non fare niente piuttosto che elargire aiuti pubblici”.