Non ci sarà da stringersi, domani, sulla tribuna d’onore dell’inaugurazione dei Giochi d’Inverno, a Sochi, in Russia: i posti vuoti saranno più numerosi, e più importanti, di quelli occupati dai leader che non hanno ritenuto di sottrarsi all’invito pressante del presidente russo Vladimir Putin. Così, il premier Enrico Letta, che ha deciso di andarci, non avrà da stringere troppe mani. Ma dovrà, comunque, stare attento: fra quelle che gli verranno tese, ve ne saranno d’imbarazzanti, come quelle dei satrapi dei Paesi post-sovietici o del presidente ucraino Viktor Yanukovich.
Non è la prima volta che lo sport mette in imbarazzo la politica, specie quella italiana. Senza volere andare indietro alla finale di Davis nel Cile di Pinochet, o al boicottaggio ‘a metà’ delle Olimpiadi di Giochi di Mosca nel 1980 – a casa gli atleti militari, in pista tutti gli altri -, due anni or sono Monti e Rajoy, capi del governo d’Italia e Spagna, si sedettero in tribuna a Kiev per la finale degli Europei di calcio, malgrado le tensioni già forti tra l’Ue e l’Ucraina; e Monti ne tornò con le pive nel sacco.
Il protocollo dei Giochi annuncia la presenza a Sochi d’una sessantina di leader, fra cui due ‘vicini’ importanti, il presidente cinese Xi Jinping e il premier giapponese Shinzo Abe, che chissà se rispetteranno la tregua olimpica sulle isole contese. Non ci saranno, invece, il presidente americano Barack Obama – la delegazione statunitense sarà condotta dall’ex ministro Janet Napolitano e sarà fitta di ex campioni dichiaratamente gay – e il premier britannico Cameron, il presidente francese Hollande e la cancelliera tedesca Merkel (e neppure il presidente tedesco Gauck). Anche se nessuno ha ufficialmente motivato l’assenza come una scelta a difesa dei diritti degli omosessuali in Russia, un’interpretazione del genere è diffusa.
Andarci o non andarci, ai Giochi d’Inverno non c’è regola e non c’è obbligo, diplomaticamente parlando. Il presidente del Cio Bach nega ogni disegno “di governo mondiale”. Anche per questo non è chiaro perché Letta abbia optato per il sì, alimentando polemiche in Italia senza ricevere consensi all’estero. L’italiano non sarà però l’unico leader Ue: confermato l’olandese Rutte. Letta ha deciso dopo avere consultato il presidente Napolitano, il ministro dello Sport e il presidente del Coni, in funzione – spiega – della candidatura di Roma ai Giochi del 2024. E s’impegna a ribadire a Sochi l’assoluta contrarietà a qualsiasi discriminazione contro gli atleti gay, ribattendo alle critiche delle associazioni omosessuali, rincarate ieri dai renziani. A Sochi, Putin ha in agenda incontri con il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon e con Abe, Rutte, il premier turco Erdogan, i leader tagiko e kirghiso e vari altri. Prima dell’inaugurazione, il leader del Cremlino darà un ricevimento per circa 150 ospiti, fra cui Letta.
da Il Fatto Quotidiano del 4 febbraio 2014