Tutto il mondo è paese – oserei dire – quando apriamo una finestra sull’industria della pelliccia. Varia la specie allevata, ma non il modus operandi; il trattamento riservato agli animali è lo stesso: barbaro e crudele. Dopo l’investigazione lanciata da Peta, che ha denunciato gli allevamenti cinesi produttori di circa il 90% delle pellicce d’angora al mondo, ho letto tanti commenti duri nei confronti degli asiatici. Mi sono chiesta, però, se quelle stesse persone pronte a puntare il dito contro i cinesi – reale interesse per gli animali o atteggiamento razzista? – abbiano avuto modo e tempo di guardare l’investigazione realizzata da Essere Animali negli allevamenti di visoni situati nelle campagne emiliane o lombarde.
Provo a descrivere le due situazioni fornendovi gli strumenti per riflettere sugli allevamenti da pelliccia. Per quanto mi riguarda andrebbero aboliti totalmente a prescindere dalla specie utilizzata o dalla modalità di uccisione. I bianchi conigli d’angora hanno il pelo soffice apprezzato soprattutto per produrre capi di alta moda. Le immagini crude e spaventose girate da Peta ci mostrano animali coscienti, appesi su assi di legno, ai quali viene strappata la pelliccia senza alcuna esitazione di fronte agli altri animali, tra grida di dolore.
Analizzando l’altra investigazione “Morire per una pelliccia”, che fa parte della campagna “Visoni liberi” lanciata da Essere Animali, girata negli allevamenti italiani, noteremo che gli animali non subiscono trattamento migliore! I protagonisti sono, in questa occasione, i visoni. Gli allevatori posizionano le gabbie poste in batteria in capannoni collocati in aperta campagna, poiché il tasso di umidità alto conferisce una morbidezza maggiore alla pelliccia. I visoni sono animali solitari in natura e negli allevamenti sono, invece, costretti a dividere e lottare con altri esemplari per lo spazio (già troppo piccolo anche per un solo individuo).
La convivenza forzata causa stress agli animali. Comportamenti stereotipati, casi di aggressione e automutilazione sono i segnali del forte disagio provato. Non possono annusare l’erba, nuotare; l’unico contatto che hanno con l’acqua, elemento indispensabile per animali semiacquatici quali i visoni, sono le poche gocce erogate dal beverino. Come vengono uccisi? Con dispositivi meccanici che perforano il cervello oppure con l’iniezione letale o con camere a gas prodotte artigianalmente, dove vengono gettati vivi. La morte lenta e dolorosa non sopraggiunge subito; gli animali lottano fino alla fine, si dibattono, graffiano le pareti per cercare inutilmente una via di fuga. I corpi esanimi vengono poi lanciati in rulli pieni di segatura, procedimento che facilita lo scuoiamento, che consiste nel praticare con un coltello dei tagli tra le zampe posteriori in modo da sfilare la pelliccia all’animale, come un calzino.
La pelliccia sarà, in seguito, trattata con agenti chimici per conservarla fino a quando non sarà acquistata dalle case di moda. Il corpo denudato dell’animale, privato della pelliccia e della dignità, viene ammassato in fosse comuni o bruciato.
Siamo contrari alle pellicce? Spogliamo il nostro ego anzi vestiamolo della nostra personalità, scegliendo di non indossare un capo alla “moda”, per distinguerci dalla massa. Non facciamoci incantare dai prezzi invitanti dei saldi invernali. Gli altri animali ce ne saranno grati.