Alcune grandi banche d’investimento operative a Londra stanno facendo di tutto per salvare i più che lauti guadagni dei loro manager. Vista l’entrata in vigore quest’anno dei tetti ai bonus previsti dalla nuova legislazione Ue, gli istituti stanno prevedendo una sorta di cuscinetto remunerativo su base annuale che, in pratica, risarcirebbe gli alti quadri dei mancati introiti. E questo, a quanto pare, con il bene placito della Banca centrale d’Inghilterra, la Bank of England. La mossa non è passata inosservata a Bruxelles, tanto che si prefigura uno scontro, l’ennesimo, a cavallo della Manica.
La Capital requirements directive (Crd IV) approvata a Bruxelles a fine febbraio scorso parla chiaro: i bonus non possono superare l’ammontare dello stipendio di base o il suo doppio previo accordo della maggioranza degli azionisti della società. Si tratta di una delle misure prese dall’Ue per rendere l’intero sistema bancario più solido e meno soggetto a intemperie speculative condotte da qualche manager disposto a rischiare tutto pur di far lievitare i propri bonus di fine anno. Una direttiva che traduce all’interno della legislazione comunitaria le nuove regole bancarie di Basilea III volte a evitare ulteriori terremoti finanziari. Ma come si dice, “fatta la legge fatto l’inganno”: secondo il Financial Times, alcuni colossi bancari del calibro di Barclays, Bank of America, Goldman Sachs e HSBC sono sul punto di introdurre dei pagamenti extra in contanti o in azioni su base mensile o semestrale per i propri manager.
Si tratterebbe di una somma da stabilire secondo criteri interni agli istituti e variabile di anno in anno. In teoria non si può parlare di bonus in quanto questi pagamenti sarebbero sganciati dalla performance del manager o dell’istituto ma, chiaramente, vanno a colmare un vuoto creato dal tetto imposto dall’Ue ai premi annuali. Se n’è accorta Bruxelles, che ha chiesto chiarimenti ai supervisori nazionali della Bank of England: “Ci si aspetterebbe che le banche interpretino la direttiva Crd IV con buon senso e in modo trasparente senza cercare di aggirarne i dettami introducendo forme di remunerazione variabili”, ha detto al ilfattoquotidiano.it il portavoce del Commissario Ue al Mercato interno, Michael Barnier.
Entro la settimana prossima Bank of England dovrà chiarire cosa sta succedendo a Londra all’Autorità bancaria europea (EBA), la quale pubblicherà nel corso dell’anno delle linee guida per definire esattamente cosa si intende per pagamenti fissi e variabili. Proprio su questo equivoco sembrano giocare le banche britanniche: il pagamento supplementare previsto, in inglese “role-base payment”, non è totalmente variabile perché non dipende dalla performance del manager, ma non è nemmeno fisso perché viene deciso annualmente e non conta ai fini pensionistici. Insomma si approfitta del fatto che il punto 64 della Capital requirements directive non è cristallino nel tracciare la distinzione tra “variable” e “fixed” remuneration.
D’altronde lo stesso governo britannico non ha mai digerito il “bonus cap” imposto da Bruxelles. Dopo l’Ecofin del febbraio 2013, la Gran Bretagna ha avuto l’ardire di rivolgersi addirittura alla Corte di Giustizia Ue con tutta una serie di motivazioni: nessuno studio delle conseguenze, un eccesso di delega all’Autorità bancaria europea nell’applicazione della misura, la violazione della privacy dei manager che devono dire quanto guadagnano e chi più ne ha più ne metta. In più occasioni il cancelliere britannico George Osborne, a dir poco scandalizzato dal limite imposto ai bonus, ha detto che “il risultato non sarà altro che far aumentare gli stipendi di base dei banchieri e rendere l’intero sistema più instabile”. Ipse dixit.