Al processo sulla trattativa Stato-mafia, il figlio di don Vito si dice "pronto a mettere a disposizione dell'autorità giudiziaria" la somma "appartenente a mia madre". Spunta così un altro pezzo del "tesoro" nel mirino degli investigatori. "Somme già passate all'esame di Falcone"
Dodici milioni di euro, contanti depositati all’estero e adesso a disposizione dei pm della procura di Palermo. Con un mezzo colpo di teatro Massimo Ciancimino pensa di mettere a tacere le molteplici critiche associate al suo nome già dal 2006, quando un blitz degli inquirenti nel suo lussuoso appartamento palermitano mostrò al mondo l’agiatissimo tenore di vita del figlio di Vito Ciancimino. Polemiche poi definitivamente esplose quando l’ultimogenito dell’ex sindaco mafioso di Palermo decise di iniziare a collaborare con la magistratura.
“Sono pronto a mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria di Palermo 12 milioni depositati su un conto estero appartenenti a mia madre. I miei legali hanno chiesto ai pm di fissare un interrogatorio durante il quale darò indicazioni sul conto e se mi sarà dato il modo farò rientrare io stesso il denaro in Italia evitando rogatorie” aveva annunciato Ciancimino junior durante l’ultima udienza del processo sulla trattativa tra pezzi dello Stato e le istituzioni. Inchiesta che ha contribuito a fare aprire e in cui è imputato di calunnia ai danni di Gianni De Gennaro, indicato come possibile interfaccia del signor Franco/Carlo, l’ignoto uomo degli apparati che avrebbe fatto da cerniera tra le istituzioni e gli ambienti di Cosa Nostra vicini a don Vito. “Con questo gesto – ha spiegato sempre Ciancimino junior – voglio smentire tutti quelli che dicono che sto collaborando con la giustizia per tutelare i miei soldi e voglio evitare ulteriori pressioni sulla mia famiglia fatte da chi, evidentemente, ha interesse a che io non parli”.
L’erede di don Vito è arrivato al palazzo di giustizia palermitano nel primo pomeriggio, scortato dai legali Roberto D’Agostino e Francesca Russo, per essere interrogato dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dal sostituto Dario Scaletta. Negli anni sia la procura di Palermo che quella di Roma hanno cercato di seguire le tracce lasciate nei paesi di mezza Europa dai mille rivoli di denaro riconducibili a Ciancimino: circa sessanta milioni di euro ottenuti dopo la vendita agli spagnoli di Gas Natural della Gas spa, società che negli ’70 e ’80 gestì la metanizzazione in quasi tutti i comuni della Sicilia, più diverse decine di milioni investiti nella discarica di Glina, in Romania, considerata una delle più grandi del mondo. Al denaro contante vanno poi sommati svariati appartamenti, automobili di lusso e motoscafi.
Ciancimino, già condannato in via definitiva nel 2011 a 2 anni e 8 mesi per riciclaggio (prescritta invece l’accusa di intestazione fittizia) è tuttora sotto indagine nella procura capitolina. I dodici milioni che invece ha annunciato di voler mettere a disposizione dei pm palermitani sarebbero stati depositati all’estero dalla moglie di don Vito, e per Ciancimino junior sarebbero addirittura di provenienza lecita. “Si tratta di somme che risalgono a prima dell’entrata in vigore della legge sulle confische dei beni e che vennero già passate sotto esame da Falcone” ha sostenuto. Spetterà ora agli inquirenti capire che origine abbiano. E soprattuto se il famoso tesoro di don Vito è davvero tutto qui.