Dopo mesi di pour parler il governatore della Banca d'Italia apre alla creazione di un istituto di sistema dove far confluire la massa dei crediti deteriorati delle banche che zavorrano i bilanci e non permettono di far ripartire il flusso del credito
In Italia la ripresa “appare ancora debole e incerta” e il tasso di disoccupazione “ha raggiunto un livello prossimo al 13%, il doppio di quello prevalente prima della crisi” e ai massimi delle serie storiche disponibili. Inoltre, per il 2014 la previsione di crescita del Pil è “dell’ordine di tre quarti di un punto” e le prime vittime della recessione sono i giovani. Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, smorza così gli entusiasmi del presidente del consiglio, Enrico Letta. Nel suo intervento al Forex, oltre a rimarcare la situazione di stallo economico in cui versa il nostro Paese, invita la politica ad andare avanti con le riforme, per non indebolire la fiducia faticosamente ritrovata. L’unica strada percorribile per uscire dalla crisi.
“La fiducia faticosamente riguadagnata non deve essere indebolita dal riaccendersi di timori sulla risolutezza dell’Italia, e di tutti i paesi dell’area dell’euro, a proseguire sulla strada delle riforme e della responsabilità“, spiega, aggiungendo che “ne sarebbe ostacolato il miglioramento delle condizioni di accesso al credito, con inevitabili riflessi sul costo del capitale e sugli investimenti delle imprese”. Si tratta, avverte il numero di Via Nazionale, di “un sentiero stretto”. In particolare, Visco fa riferimento alla fiducia degli investitori esteri, “talora sbrigativamente identificati con la categoria degli ‘speculatori'”, che “può risentire rapidamente dei segnali di peggioramento nell’affidabilità creditizia di un prenditore sovrano” e sottolinea che le banche e la finanza non devono far “mancare il finanziamento a chi lo merita e partecipa al rischio”.
Non solo. Dopo mesi di pour parler il governatore della Banca d’Italia ha aperto alla creazione di una bad bank nazionale di sistema dove far confluire la massa dei crediti deteriorati degli istituti di credito che zavorrano i bilanci e non permettono di far ripartire il flusso del credito in un momento in cui, in vista dell’esame Bce, si moltiplicano gli aumenti di capitale del comparto che dovrebbero ammontare a circa 10-12 miliardi di euro totali. Per ora è un “incoraggiamento”, un progetto “ambizioso”, non calato dall’alto.
E proprio per questo il Visco lascia aperte le diverse ipotesi, ma ricorda che esistono i paletti Ue sugli aiuti di stato che precludono, se non bastassero le condizioni dei conti pubblici, interventi statali diretti. Non si tratterebbe così di replicare il modello della Spagna, che ha ricevuto dopo una lunga trattativa e accettando il controllo di Bruxelles circa 40 miliardi di fondi dall’Ue (contabilizzati nel debito ma non nel deficit) e ha costituito un veicolo pubblico. Un modello che, oltretutto, ha subito perdite per aver rilevato gli asset in un momento in cui la ripresa non si era messa in moto e in cui anzi i prezzi dell’immobiliare sono continuati a calare.
Le parole di Visco, in una certa misura, sono state circoscritte dagli esponenti delle grandi banche impegnate in un loro progetto. I maggior istituti infatti, oltre che sul decreto Bankitalia possono contare su una massa critica notevole e su una capacità di spuntare prezzi migliori nella cessione dei crediti rispetto a banche più piccole, magari già in crisi. Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha quindi chiarito come non “vi siano trattative o negoziati in corso” con le istituzioni e che si tratta piuttosto di un invito ad accelerare a trovare delle soluzioni.
In primis Visco apprezza, senza citarle, le iniziative già avviate o messe in cantiere dai privati come quella congiunta (ancora a livello di studio) Unicredit-Intesa con Kkr o di Mediobanca per gli istituti medio-piccoli. Quindi aggiunge: “Interventi più ambiziosi da valutare anche nella loro compatibilità con l’ordinamento europeo non sono a escludere, possono consentire di liberare, a costi contenuti, risorse da utilizzare per il finanziamento dell’economia”. Per l’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni “le grandi banche sono in grado di gestire il problema da soli” e poi riconosce comunque come il problema vada affrontato dalle banche “con soluzioni anche dolorose” per voltare pagina. “chiamatela bad bank o altro” ma va risolto per “andare avanti”. Cauto il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Mario Gros Pietro: “Dal governatore è arrivato un incoraggiamento a ricercare soluzioni”, mentre l’ad del Banco Popolare Piefrancesco Saviotti si dice “sorpreso” della proposta e aspetta di vedere le soluzioni in campo.
E il Banco (per 1,5 miliardi di euro) così come altri istituti sono impegnati anche nel varo di aumenti di capitale in fretta e furia per non arrivare impreparati all’esame Bce e ai successivi stress test. I dati dell’Fmi, avallati dalla Banca d’Italia, parlano di necessità di capitale per circa 10-12 miliardi di cui la metà già programmata. Mps ha la quota maggiore e l’ad Viola ha esortato la Fondazione a cedere la sua quota “con fatti concreti” per poter varare l’operazione entro l’estate dopo l’impasse di fine 2013. Bpm, spiega l’ad Castagna, conta di rispettare la scadenza massima del 30 aprile per l’aumento a 500 milioni. Carige riunirà il cda a fine marzo per dare il via al rafforzamento da 800 milioni.