Cosa direbbe Paolo Borsellino, se sapesse di essere diventato testimonial involontario dell’offensiva antidroga di Giovanardi? In un suo discorso del 1989, che da tempo fa  il giro della rete, a margine di una conferenza si dichiarato contrario a qualunque ipotesi di legalizzazione. Musica per le orecchie del senatore del Nuovo Centrodestra che non ha perso tempo e ne ha approfittato per ridare un po’ di smalto al disorientato pensiero proibizionista nazionale che si fa forza, ormai, solo delle presunte evidenze scientifiche (a senso unico) del Dipartimento per le Politiche Antidroga, dichiarando pomposamente dal suo sito “contro la legalizzazione con Borsellino”.

Nel video, salutato dal senatore del centrodestra come il ritrovamento del Graal, è certamente vero che Paolo Borsellino dice un no categorico all’ipotesi di legalizzazione ma non bisogna dimenticare che quel discorso risale ad un quarto di secolo fa, al 26 gennaio del 1989 per la precisione e che la situazione sociale, geo-politica ed economica del mondo di allora era incomparabile con quella odierna: il muro di Berlino era ancora al suo posto, l’Ue era ancora Comunità Europea, non esisteva libera circolazione (di persone o di capitali) e la discussione sugli stupefacenti viveva ancora nel clima bellico della “guerra alla droga”di Reagan. Inoltre l’Italia era in piena emergenza eroina ed il Parlamento, appena un anno dopo, avrebbe approvato la l. 309/’90, la Iervolino-Vassalli che figlia del pensiero di allora, introdusse, con l’art. 75, sanzioni penali per i consumatori: “E’ vietato l’uso di sostanze stupefacenti e psicotrope…” recitava l’articolo poi parzialmente abrogato con referendum nel 1993. Prima per esultare “embedding immaginari” alla causa, Giovanardi farebbe bene a ricordare che Paolo Borsellino se ne andò in un’epoca in cui la società aveva seguito l’idea che colpire il consumo avrebbe ridotto la domanda, mentre le istanze antiproibizioniste erano ancora ampiamente di nicchia, limitate ai Radicali e a gruppi della sinistra extra-parlamentare.

Inoltre, nel video, il magistrato parla genericamente di “droga” entrando solo nei minuti finali nel dettaglio, quando nomina “crack” ed “eroina”: allora, era particolarmente diffusa la teoria della “droga di passaggio ed accettata la tesi che non ci fosse differenza tra oppiacei, cocaina e cannabis. L’analisi di Borsellino, insomma, si basava sull’Italia di fine anni 80 e rispecchiava molto del comune sentire di allora. Il magistrato, inoltre, non avrebbe potuto in alcun modo prevedere l’avvento del mercato unico globale degli stupefacenti seguito alla caduta del blocco socialista e alla natura mondiale del sistema economico odierno, senza contare la rapida diffusione e differenziazione del mercato degli ultimi 10 anni e la  recente svolta antiproibizionista. Forse, a fronte di questi cambiamenti epocali, Borsellino oggi la penserebbe  in maniera diversa.

Per concludere: strumentalizzare un discorso pronunciato nel 1989, decontestualizzarlo ed utilizzarlo come bandiera per la riscossa “proibizionista” è già di per sé un’operazione pessima ma se aggiungiamo l’oggettiva impossibilità per Paolo Borsellino di confermare le sue parole di allora aggiungiamo alla speculazione politica, l’aggravante del cattivo gusto

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