“Faccetta nera, bell’abissina, aspetta e spera che già l’ora si avvicina!…”. È alle adunate di nostalgici e ammiratori di Benito Mussolini nonché di neofascisti che si sente cantare questo inno del Ventennio. E così quando una madre milanese di una ragazzina di 13 anni ha visto che tra gli spartiti di musica assegnati alla figlia c’era questa canzone si è sentita ribollire.
Prima ha chiesto spiegazioni alla docente e poi ha chiamato il fattoquotidiano.it temendo che potesse anche essere reato. “Non è perché mio nonno è morto da partigiano, ma semplicemente perché non voglio che mia figlia impari a memoria canzoni fasciste”. E Faccetta nera è anche razzista. Fu citando questo inno che il leghista Mario Borghezio chiese polemicamente al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di collocare il ritratto di “‘Faccetta Nera’ Kyenge nello spazio bianco della bandiera tricolore” nell’agosto scorso.
L’insegnamento di alcuni canzoni come questa o Giovinezza agli studenti di terza media (la foto è generica e ritrae ragazzi maggiorenni, ndr) in realtà è una prassi o quasi perché tratta di un programma multidisciplinare – storia geografia letteratura e musica – che già nel 2011 aveva suscitato polemiche in Veneto e in Puglia. A Lecco era anche esplosa la polemica perché in un istituto religioso veniva insegnata ai bambini piccoli.
La madre della studentessa, che si definisce molto amareggiata, teme inoltre che cantare e suonare quelli che erano due inni del fascismo oltre a essere inopportuno in una classe con almeno uno studente di colore, possa essere anche un illecito penale. In verità non esiste giurisprudenza definitiva in merito e se questo possa costituire apologia del fascismo punita dal 1952 con la cosiddetta legge Scelba. Nel 2010 uno studente di 16 anni, secondo alcune cronache, per esempio era stato primo condannato a 3 anni e successivamente stato assolto. Alcuni siti di nostalgici però consigliano di non cantare le canzoncine razziste e fasciste perché si rischia una incriminazione. Il 28 gennaio scorso un giudice bolzanino, come chiesto dal pm, ha assolto due cinquantenni veneti, tra cui Piero Puschiavo, esponente della Fiamma Tricolore, dall’accusa appunto di apologia del fascismo: i due che avevano preso parte all’adunata degli alpini nel 2012 a Bolzano, erano stati segnalati dalle forze dell’ordine per avere diffuso con un megafono proprio “Faccetta Nera”. A testimonianza che qualche dubbio sulla questione c’è.
Il programma proposto dall’insegnante di musica – per tutela della privacy della ragazzina non scriviamo di quale scuola si tratta – contiene oltre le due canzoni mussoliniane “Ti saluto vado in Abissinia” anche questa tra gli inni del Ventennio, “Ta pum” (una canzone del periodo della I Guerra mondiale) – proposta per esempio da Umberto Bossi nel 2008 come inno di Italia – “La Tradotta”, un canto degli Alpini e “La leggenda del Piave”, inno nazionale italiano dal 1943 al 1946. C’è una canzone del 1941 “Giarabub” e anche due inni partigiani come “Bella Ciao” e “Fischia il vento”. A completare un quadro di musiche e testi delle due guerre.
“Il discorso da fare è chiedersi se è lecito insegnare queste canzoni e perché devono essere imparate a memoria. Quale spirito critico si può avere a 13 anni? A volte anche gli adulti hanno difficoltà a capire – dice al fattoquotidiano.it la donna – . Quella canzone parla di invadere un paese, senza contare la possibilità di offendere le persone di colore. Una cosa è dire che sono esistite queste canzoni una cosa è farle imparare”. Interpellata la preside della scuola fa sapere che si tratta di un programma in cui viene affrontato il periodo storico che va dalle guerre di indipendenza alla II guerra mondiale che è stato “votato dal consiglio di classe” su programma ministeriale.
Il ministero dell’Istruzione, interpellato, non rilascia alcuna dichiarazione perché si tratta di una “questione interna alla scuola”, “esiste l’autonomia della scuola ed è il dirigente scolastico che deve rispondere”, i poteri di intervento esistono “solo in caso di violazioni”. Le preoccupazioni, le domande e i dubbi di un cittadino e di genitore possono evidentemente rimanere tali.