“Caro Direttore, voglio rispondere a quanto scritto dal suo giornale sul terremoto del maggio 2012 in Emilia Romagna con alcuni dati di fatto: dopo il sisma, 28 morti e 13 miliardi di danni, abbiamo scelto di governare l’emergenza e la ricostruzione dal territorio, con i sindaci, senza “uomini della provvidenza” al comando. Una via diversa da quella seguita a L’Aquila dal governo Berlusconi: abbiamo detto no alle new town, sì alla ricostruzione delle scuole e dei nostri paesi. Poi si è definito (e finanziato) un piano per il patrimonio pubblico e per i centri storici (che vanno da Carpi a Mirandola, a Finale, a San Felice a Crevalcore a Cento a Sant’Agostino e così via). Nell’emergenza abbiamo deciso le priorità assieme ai sindaci: le scuole e il lavoro. In 4 mesi abbiamo riaperto le scuole (riparando circa 400 edifici scolastici danneggiati e costruendone 58 provvisori) e consentito così a 18 mila studenti di cominciare regolarmente le lezioni. Da 41 mila lavoratori in cassa integrazione all’indomani del terremoto, si è passati ai circa 3.000 di oggi in una fase di grave crisi economica. È un dato che dà la misura di una ripartenza vera, tant’è che multinazionali che rischiavano di delocalizzare sono invece rimaste e investono, ad esempio in settori come il biomedicale. Pur in assenza di un percorso legislativo chiaro la ricostruzione è partita fra tanti problemi ed oggi a 18 mesi dal terremoto, sono già stati concessi oltre 500 milioni per lavori fatti (300 per case, 200 per aziende) rimborsando il 100% dei danni. A questi va aggiunto il miliardo liquidato alle imprese dalle assicurazioni. Erano 45 mila le persone senza alloggio, di cui 19 mila nelle tendopoli (chiuse in quattro mesi), altre ospitate in albergo, altre ancora assistite con il contributo di autonoma sistemazione (Cas). A due mesi dal terremoto è stato impostato il Programma casa integrando il Cas, dando ulteriori alloggi, e da ultimo allestendo i Moduli provvisori (Map) Nei Moduli, che non sono di lamiera, non costano 2 mila euro e sono invece di buona qualità, vivono oggi 656 famiglie (circa 2.500 persone) che non sono abbandonate ma assistite dai servizi sociali dei diversi comuni per affrontare problemi come la gestione della manutenzione, la rateizzazione e le agevolazioni richieste e in parte ottenute sui consumi elettrici. Si è poi impostato un piano di rientro per tutte le famiglie, che nel caso dei Moduli riguarda 300 nuclei su 656 mentre per gli altri si stanno definendo scelte specifiche a seconda delle esigenze sociali ed economiche. Infine, il contrasto alla mafia. Il sistema istituzionale – Regione, sindaci, associazioni – ha stabilito regole uguali per tutti e ha messo al primo posto lo stop ai pagamenti in nero e a possibili infiltrazioni criminali, con le white list e con il pagamento diretto degli stati di avanzamento lavori. Poche settimane fa abbiamo rendicontato all’Ue i 567 milioni di euro che l’Europa ci ha concesso per l’emergenza sisma, e che sono già stati interamente spesi e saldati in relazione ai lavori fatti. Un risultato corale di grandissimo rilievo. Ora, che tutto ciò passi per cattiva gestione, io lo vivo come un insulto al buon senso, prima ancora che come una mancanza di rispetto alla verità e a tutti quelli che si sono impegnati nella solidarietà e che si stanno impegnando per ricostruire. Siamo partiti senza una legge nazionale efficace sulle emergenze e soprattutto sulla ricostruzione. Abbiamo colmato passo dopo passo il vuoto legislativo e ottenuto risorse in un momento di grave difficoltà finanziaria per il Paese. Ci sono mille argomenti per dire che l’Italia fatica ad uscire dalle proprie ricorrenti emergenze. Ma è sbagliato chiudere gli occhi e non vedere che un’altra strada è possibile”.
Vasco Errani, presidente Regione Emilia Romagna
Gentile presidente Errani, Nell’articolo non si insulta nessun buonsenso, tanto meno il suo. Lei dice 606 aziende sono ripartite, ma nel terremoto – dati della Regione – in ginocchio erano finite “diverse migliaia” di imprese. Questo ha detto lei due mesi fa. I moduli abitativi provvisori sono in lamiera, e non sono di buona qualità. Lo hanno detto un suo assessore, un suo consigliere regionale, ma lo dicono soprattutto quelli che abitano lì. La invito a chiedere a loro. Sono 2500 persone ancora. E non sanno quando e se riavranno la loro casa. Le bollette sono rateizzabili, certo, ci mancherebbe chiedere a chi vive in una baracca 2.500 euro cash. Non per altro: non hanno la disponibilità. Sull’argomento burocrazia lei capisce di cosa parlo, e nell’ar ticolo si fa riferimento al governo centrale, non alla Regione. Nell’articolo è anche puntualmente riconosciuta agli organi locali una gestione ottima dell’emergenza. Quello che è seguito lo abbiamo riportato per quanto raccontato dalla gente che non è fuggita (molti lo hanno fatto) perché amano la loro terra.
Emiliano Liuzzi
da il Fatto Quotidiano di mercoledì 5 febbraio 2014