Luciano Serra, il poeta e letterato amico di Pier Paolo Pasolini, è morto sabato scorso a 94 anni nell’ospedale Santa Maria di Reggio Emilia. Il più importante studioso del dialetto reggiano lascia la moglie Ida Maria Franzoni, sposata nel 1956, compagna di centinaia di scalate tra le vette alpine, e il suo nome si aggiunge alla recente e triste scomparsa del collega Gino Badini, fondatore della rivista Reggio Storia su cui Serra pubblicava puntualmente la rubrica intitolata “Maglia granata e calzoncini blu”.
“Con Serra scompare una figura originale e versatile di studioso e divulgatore di quella cultura che siamo soliti definire, semplificando, classica e popolare”, ha dichiarato l’assessore alla Cultura del Comune di Reggio Giovanni Catellani, “in lui, queste anime nobili coincidevano, in una unità intellettuale brillante, prolifica e che ha portato ricchezza di conoscenza e pensiero alla nostra comunità”. Serra si era interessato fin da ventenne allo studio delle opere dell’Ariosto e del Boiardo, alle ricerche di storia americana, di scienza e sport (alpinismo e atletica), fino alla fondazione nei primi anni ottanta della rivista bolognese de Il Mulino; infine, ed è forse questo il capitolo più proficuo e ricordato dai suoi concittadini, si era dedicato con passione e totale dedizione al dialetto reggiano.
Prima del 1989, anno di pubblicazione del “Dizionario dal reggiano all’italiano” assieme a Luigi Ferrari, non è era mai stata sistematizzata l’ortografia esatta del ‘dialet arzan’. Poi nel 2006 il secondo capitolo à rebours con il “Dizionario dall’italiano al reggiano” dove i due autori introducono alcune nuove convenzioni ortografiche sull’apertura delle vocali toniche e la pronuncia di alcune consonanti. Antifascista e vicino al Partito d’Azione negli anni trenta/quaranta, Serra divenne compagno di scuola e amico di Silvio d’Arzo (Ezio Comparoni) e Pier Paolo Pasolini. Del primo, suo coetaneo, ne rivalutò l’attività letteraria diventandone il suo principale scopritore e curatore; del secondo divenne amico fino a diventarne confidente speciale.
Serra e Pasolini si conobbero al ginnasio di Reggio Emilia nel 1935, quando l’autore di Scritti corsari si trasferì in Emilia per via degli spostamenti del padre; poi ancora nel 1937 quando entrambi al liceo Galvani di Bologna ebbero come professore il poeta Antonio Rinaldi. Successivamente i due rimasero in contatto tanto che Serra, come l’altro loro amico Franco Farolfi, fu tra i primi a leggere le missive dove l’amico Pier Paolo metteva in chiaro l’imbarazzo nel tenere nascosta la sua omosessualità ai familiari e raccontava alcune sue avventure clandestine: “Ho voglia di essere nel Tagliamento, a lanciare i miei gesti uno dopo l’altro nella lucente concavità del paesaggio. Il Tagliamento, qui è larghissimo”, scriveva Pasolini a Serra nel giugno del 1943, “Ci sono arrivato ieri in bicicletta, giovane indigeno, con un più giovane indigeno, di nome Bruno. I soldati stranieri che lì si lavavano hanno ascoltato con meraviglia i nostri rapidi e incomprensibili discorsi. E ci hanno visti quasi vergognosi tuffarci senza indugio in quell’acqua gelida e per loro misteriosa. Siamo rimasti soli, e il temporale ci ha colto, in mezzo all’immenso greto. Era un temporale livido come un pene eretto”. Le poesie in dialetto di Serra vennero apprezzate molto da Pasolini (“sono di estrema purezza”), ma sono state pubblicate soltanto negli anni ottanta. La raccolta “E tòtt i dé la lus” (E’ tutti giorni luce) è forse la più celebre, mentre in pochi ricordano che fu lo stesso Pasolini a chiedergli, nell’agosto del ’41, di tradurre in reggiano la sua poesia in friulano “El nini muart” (Il bambino morto). Serra riposa nel cimitero di Coviolo, in provincia di Reggio Emilia.