L’iter della richiesta di messa in stato d’accusa al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sembrava poco più che una formalità: i 7 voti del Movimento Cinque Stelle su 44 totali sembravano suggerire un percorso veloce verso il cestino delle richieste di impeachment dei parlamentari grillini. Invece tre fuori programma ora fanno sì che le “udienze” del comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa possano allungarsi e che il voto finale abbia un significato politico che vada oltre il semplice e ripetitivo scontro tra il M5s e il Quirinale. Il primo fuori programma è anche il principale ed è legato alla ricostruzione di Alan Friedman nel libro che sta per pubblicare sui mesi del 2011 che portarono al governo Mario Monti su nomina diretta di Napolitano (e con l’accordo della stragrande parte del Parlamento). Ricostruzione che ha fatto saltare Forza Italia sulle barricate – fuori programma numero 2 – Augusto Minzolini ha invitato a rivalutare la richiesta di impeachment dei Cinque Stelle, mentre Lucio Malan (componente del comitato bicamerale) spiega che se domani si dovesse votare sull’infondatezza dell’atto dei grillini i berlusconiani voterebbero no. Il terzo fuori programma è che – dopo aver chiesto più tempo per esaminare gli atti in coro con Forza Italia – il Movimento Cinque Stelle ha integrato i documenti già depositati per l’impeachment con altri 10 “capi d’accusa” che si aggiungono ai 6 già “a verbale”. Nella memoria aggiuntiva i Cinque Stelle indicano tra le “imputazioni” a Napolitano le “interferenze” con la Corte Costituzionale sul lodo Schifani, quelle sulla Camera per la calendarizzazione della mozione di sfiducia al governo Berlusconi nel 2010, “l’esautoramento” del Parlamento in occasione della guerra in Libia, le “pressioni” sul Parlamento per l’approvazione di una nuova legge elettorale e “l’atteggiamento omissivo dinnanzi alla minaccia del presidente del Consiglio Mario Monti di procedere per decreto”. E ancora, “l’esercizio abusivo del potere di grazia”, la rielezione del Capo dello Stato, la riunione del Consiglio supremo della Difesa nel luglio del 2013 in merito agli F35, la reiterazione del “Salva Roma” e le sollecitazioni alla revisione costituzionale con una “procedura straordinaria e derogatoria”. Tutte imputazioni che secondo i grillini costituiscono un attentato alla Costituzione. Il presidente del comitato bicamerale Ignazio La Russa aveva detto di voler fare presto e che la discussione “sta procedendo con spirito collaborativo e con serenità, anche da parte dei grillini che non hanno dimostrato alcun intento dilatorio”. La bicamerale ha concluso la discussione generale e procederà al voto già domani. 

Ma la prova di tutto questo non è fondamentale, spiega Mario Michele Giarrusso (M5s, componente del comitato): “Alcuni dicono che mancano gli elementi di fatto – dice – Ma noi non possiamo certo trovare la pistola fumante, bisogna piuttosto vedere se dietro tutti questi atti c’è un disegno. Un disegno proprio e personale, che in tal caso non è un disegno costituzionale. Bisogna capire se il Presidente ha travalicato” nello svolgimento delle proprie funzioni, entrando nella sfera “dell’illegittimità”. Giarrusso si sofferma anche su altri passaggi che caratterizzano la richiesta di impeachment dei 5 Stelle. Tra questi la concessione della grazia a Joseph Romano, il colonnello della Nato implicato nel caso Abu Omar. “Io voglio sapere – tuona Giarrusso – se nel nostro Paese qualcuno abbia avuto addirittura licenza di uccidere e da chi”. Poi si sofferma sulla “vicenda gravissima” delle telefonate Napolitano-Mancino. E coglie la palla al balzo per difendere il pm Nino Di Matteo, che, insieme ad altri “magistrati, è nel mirino di due diversi poteri, Stato e Mafia”. Giarrusso rimprovera al presidente di aver “fatto aprire un procedimento disciplinare contro” Di Matteo, “dando impulso all’azione del suo Segretario generale.

M5s e Forza Italia d’accordo: “Sospendere i lavori per acquisire atti nuovi”
Cinque Stelle e Forza Italia hanno chiesto anche la sospensione dei lavori “per acquisire nuovi atti” alla luce delle rivelazioni emerse dalle anticipazioni del libro di Friedman. “Chiediamo la sospensione dei lavori – dice Vito Crimi, senatore M5S – per acquisire gli atti relativi alle dichiarazioni di De Benedetti e Prodi. Non si tratta di semplici indiscrezioni giornalistiche ma di dichiarazioni rese in un video”. Il collega Mario Michele Giarrusso offre un’alternativa alla sospensione dei lavori: “Convocare in questa sede Prodi e De Benedetti – propone – per raccogliere le loro testimonianze”. D’accordo Forza Italia. “Credo che la richiesta di sospendere – dice Lucio Malan – sia perfettamente fondata”. Quanto emerso dalle anticipazioni del libro “non è affatto secondario e non corrisponde certo a una qualsiasi notizia”. Alla fine la richiesta del M5S è stata messa ai voti e respinta dalla maggioranza dei membri del Comitato. Si prosegue dunque con la discussione generale.

Minzolini: “Rivalutare la proposta dei Cinque Stelle”
L’esito della votazione finale appare scontato perché a favore sembrano schierati solo i parlamentari dei Cinque Stelle che sono 7 su 44. Qualcosa, certo, potrebbe cambiare alla luce delle parole di Augusto Minzolini (Forza Italia) che dice quello che una parte del partito pensa dopo le rivelazioni del libro di Alan Friedman, Ammazziamo il Gattopardo. Secondo alcune testimonianze di peso – Carlo De Benedetti, Romano Prodi e soprattutto Mario Monti – è emerso che il presidente Napolitano stava pensando di sostituire Berlusconi con Monti già dal giugno 2011 (mentre il cambio della guardia avvenne poi nel successivo novembre). A questo punto dobbiamo “rivalutare la proposta dei Cinque Stelle” dice Minzolini. “Da anni ripeto che quanto avvenne nell’estate del 2011 – premette – somiglia molto ad un complotto internazionale per far fuori il Governo Berlusconi che ha avuto grosse complicità anche nel nostro paese. Le rivelazioni del libro di Friedman sono un ulteriore conferma che in quell’occasione fu spazzato via dallo scenario europeo il Premier e un governo, che si opponevano alle mire egemoniche della Germania sulla Ue e ad una politica che ha provocato, com’è oggi sotto gli occhi di tutti, miseria nella maggior parte dei paesi dell’Unione e benessere solo a Berlino. Appare sempre più evidente il ruolo che ebbe in quei mesi il Presidente Napolitano e la concezione che ha della sua carica, allora come oggi, estremamente interventista nella politica italiana. Un interventismo che in quell’occasione può addirittura configurarsi come un disegno ai danni di un altro organo dello Stato. Probabilmente se non fossero state distrutte – per volontà dello stesso Capo dello Stato – le intercettazioni telefoniche con l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, avremmo trovato altre tracce di quei fatti”.

Di Maio: “Prima il caso Di Matteo, ora questa: Napolitano oltre il suo ruolo”
Su questo tasto preme il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (M5s) che rileva nel Comitato “una fretta maledetta di insabbiare tutto entro domani. È inaccettabile”: “Tra ieri e oggi due rivelazioni a mezzo stampa sottolineano le ingerenze di Napolitano negli equilibri di governo (il tentativo di insediare Monti a Palazzo Chigi già a metà 2011) e nelle fasi processuali della trattativa Stato-mafia (la richiesta di un provvedimento disciplinare nei confronti di Nino Di Matteo). Abbiamo presentato l’impeachment due settimane fa perché secondo noi Napolitano è andato oltre il suo ruolo e le sue funzioni da un bel pezzo”. 

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