Sulla legge elettorale si sta profilando un trappolone per le donne. Infatti, si fanno sempre più consistenti le voci secondo le quali sugli emendamenti della legge elettorale che riguardano la parità di genere verrebbe richiesto il voto a scrutinio segreto. Questo nasconde l’ipocrisia di chi a parole sventola la bandiera della democrazia paritaria, ma in realtà vuole affossarla. E’ chiaro che in questo modo, forti dell’anonimato, alcuni deputati uomini (temiamo siano la maggioranza), voteranno contro: un seggio in più per una donna, infatti, è inevitabilmente un seggio in meno per un uomo.
Lo hanno già fatto, ci siamo già passate. Già nel 2006, la ministra delle Pari Opportunità Prestigiacomo, tentò di far approvare una modifica alla legge elettorale che prevedesse una maggiore rappresentanza di genere nella legge elettorale e alla Camera gli uomini non si fecero nessuno scrupolo di bocciare a larga maggioranza la legge nascondendosi proprio dietro al voto segreto.
Oggi tenteranno di farlo ancora, appellandosi al regolamento parlamentare secondo il quale basta la richiesta di trenta deputati. E’ vero che il voto segreto è previsto quando si tratta di legge elettorale, ma è altrettanto vero che non c’è nessuna questione di coscienza in una giusta rappresentanza dei due generi. E il voto segreto ha un senso solo quando si è di fronte a un problema di coscienza.
Strano che in Senato si fece un putiferio enorme per ottenere il voto palese sulla decadenza di Berlusconi, e da convinta antiberlusconiana posso dire che trattandosi di un voto sulla persona ci fu una forzatura, e oggi i sostenitori della trasparenza su questa questione tacciono.
Certo per ammettere apertamente che non si vogliono liste paritarie ci vuole coraggio, e alcuni uomini, per fortuna non tutti, evidentemente preferiscono il segreto dell’urna a una sfida aperta che forse li vedrebbe perdenti.
Diciamolo allora chiaramente, mettendoci la faccia e piantiamola di riempirci la bocca di belle dichiarazioni di intenti che svaniscono alla prova dei fatti.