Ma a parte chi critica (da dentro o fuori) e chi elogia (da fuori, perché la nostra esterofilia evidentemente è così estrema da concederci di vedere il bello dell’Italia solo nelle sue repliche estere…), nel settore del design si stanno registrando anche casi di qualcuno fuori che si prende la briga di guardare positivamente verso di noi. E non per comprarci! Qualcuno probabilmente mosso dal sospetto che da qualche parte ci dev’essere pure qualcosa di ancora buono in Italia, a parte quello che si mangia…
Solo questo mese c’è stata notizia di alcuni casi particolarmente significativi da questo punto di vista e di cui, come sempre, si occuperà di più la stampa estera che quella italiana. Perciò val la pena di citarli. Il primo è finalmente la ricomparsa di due progetti italiani, dopo qualche tempo di assenza, nella mostra che la più importante istituzione londinese, cioè il Design Museum, dedica ai progetti realizzati durante l’anno solare (e che puntualmente di solito viene vinta da un inglese…).
Il 7 febbraio, invece, il designer Odoardo Fioravanti ha vinto con l’azienda Pedrali (senza neppure aver pagato un centesimo di iscrizione, forse senza nemmeno essersi dovuto iscrivere…) il suo German Design Award, un’iniziativa del German Design Council, istituito sessant’anni fa niente meno che dal Parlamento tedesco per riconoscere e premiare i progetti più meritevoli nati dalla fusione delle expertise aziendali con i talenti creativi. Insieme a lui ritirano il premio i giovani bellunesi di Hapter, quasi sconosciuti alle riviste italiane di settore. Di qualche giorno fa, ancora, la notizia che Joseph Grima – nonostante l’accento, il nome e la globtrotterellarità, è architetto e critico residente a Genova – curerà a fine ottobre la Biennale Interieur di Kortrjik in Belgio, una delle più antiche e significative esposizioni legate alla sfera domestica. Un bel carnet di note di merito per quest’inizio d’anno, cui si aggiunge la lunga lista di altri progettisti premiati da Istituti di cultura e riviste straniere (come Giulio Iacchetti che ha vinto a gennaio il Wallpaper design Award con un progetto di Internoitaliano).
Tutti i giorni nel suo laboratorio, come tanti colleghi di quest’area, ospita le sedie di alcuni marchi stranieri storici tra i più rilevanti e ne cura e aggiorna i dettagli prima che vadano in produzione, attraverso strumenti – ossia le simulazioni strutturali (CAE) e di riempimento sui pezzi – che spesso possiedono anche all’estero, ma che non si fidano a usare internamente e affidano a noi. In pratica: aggiusta le magagne dei progetti di grandi nomi e noti marchi, così che tutti noi poi possiamo – inconsapevoli – lodarne la perfezione. E con questa pignoleria mantiene la sua azienda e un dipendente (la figlia). Così, ogni tanto, se vai da lui ti racconta la sua rivincita italiana, appunto, la sua “innocente rivolta”: che ha rifatto il culo a uno straniero.