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Il Ticino è cambiato. E non ama gli italiani

Il Ticino è il portabandiera del no all’invasione straniera: il 68 per cento non vuole gli italiani. Non sopporta chi prende casa col portafoglio pieno: affitti alle stelle, noi del sud non badiamo a spese, mentre le braccia svizzere cominciano a sudare per far quadrare i conti. Italiani raddoppiati dal 2000: 43.685 mesi fa e gli arrivi galoppano. Non solo signori in doppiopetto: 2800 aziende in 13 anni. Boom dei palazzi eleganti nel quartiere Paradiso di Lugano, richiamo alla dolcezza dei trafugamenti tropicali. Alberghi trasformati in condomini di lusso dai campanelli lombardo-veneto-piemontesi coi soldi al sicuro in santuari dispersi fra le colline.

Dai box mignon per bottegai dai lingotti d’oro ai caveaux blindati con titoli e mazzette nelle mani di 40 banche e 6mila impiegati di guardia ai 120-180 miliardi trafugati oltre confine. Disoccupati senza chi imbroglia il fisco. Ma i trafugatori non sono “nemici” che inquietano. Nel 1970, il dottor Schwarzenbach guidava da Zurigo il referendum per buttar fuori 200mila emigranti per lo più italiani. Ma il Ticino cattolico e socialista respinge l’imbarazzo.

Adesso la paura funziona: italiani topi neri che addentano la gruviera. Soprattutto frontalieri pagati meno di chi è nato qui: 3.400 euro al mese, quindi preferiti dagli imprenditori con l’occhio al risparmio. Devono versarne 1.400 in assicurazioni e tasse. E poi gli accordi sciagurati tra Bruxelles e Berna: stornano i 1.400 euro ai municipi dove dormono gli italiani vaganti. Storia di 60mila lavoratori su e giù dalle province di Como, Varese, Novara. Diventano 350 mila nei via vai con Francia e Germania. “Se rovesciassimo il problema, come voterebbero gli italiani ogni giorno invasi da manodopera a basso costo che non paga le tasse?”

Spiegazione ai giornali degli elettori che hanno votato sì. Il cambiamento comincia vent’anni fa con la Lega Ticinese. Copia Bossi: rompiamo la schiavitù di Berna anche se Berna non è ladrona. Giuliano Bignasca ne è il fondatore. Blocca l’autostrada Airolo Mendrisio per protestare contro il limite di velocità (100 chilometri) perché abbassa il consumo di benzina e “penalizza il settore”. Liberi di correre , ma diffidenti verso i lumbard che invitano a non pagare le tasse. “Meglio pagarle che corrompere chi controlla altrimenti il malcostume diventa la legge ombra che gli svizzeri non possono accettare. Non siamo abituati a vivere nel marcio”. Bignasca malsopporta il suk dell’Italia del Nord, e non sopporta il suo Nord protestante che infastidisce la fede Cl. Ingombrante, goffo, niente parolacce, se ne è andato un anno fa senza festeggiare il trionfo nella battaglia contro i frontalieri. La sua Lega governa il Cantone e appoggia il referendum della destra Udc da non confondere (a proposito di coerenza) con l’Udc di Casini.

Resta dura e reazionaria, nei secoli fedele. I leghisti d’Italia ufficialmente sembrano contenti: prendiamo ad esempio, la celebrazione di Salvini il quale trascura il problema di chi rischia il posto e dei municipi minacciati. “Faremo anche noi un referendum”, ma non spiega se contro la minaccia dei frontalieri svizzeri di lavorare in Italia. Il suo senatore Candiani, vecchio sindaco di Tradate, deve avere conoscenze fra i pendolari in pericolo d’esclusione. “I ticinesi accolgono le nostre imprese e i nostri soldi per poi chiudere la porta in faccia a chi sgobba nell’ombra. E il governo di Roma dà solo la caccia ai capitali fuggiti senza pensare ad altro”. La libera circolazione abrogata verrà ridiscussa fra 3 anni tra il governo di Berna e l’Europa. Si trema pensando al compromesso che lascerà a casa chissà quanti pendolari.

mchierici2@libero.it

Il Fatto Quotidiano, 11 febbraio 2014