“Caos fiscale”: quante volte sentiamo questa espressione al telegiornale? La materia tributaria è una delle più tormentate: le norme fiscali sono numerosissime e incomprensibili non soltanto per i contribuenti ma anche per gli stessi operatori giuridici.
Suggeriva Voltaire (Dictionnaire philosophique. Des lois, Parigi, 1765) un rimedio radicale: “Voulez-vous avoir de bonnes lois? Brûlez les vôtres, et faites-en de nouvelles” (“Volete delle buone leggi? Bruciate le vostre e fatene di nuove”). Anche se è forte la tentazione di seguire questo consiglio, il buon senso porta a escludere soluzioni così radicali: la disciplina dovrebbe essere migliorata con interventi mirati, quasi chirurgici, e non attraverso pretenziose riforme di sistema. Più proficuo è l’atteggiamento che ispirano le parole di Italo Calvino (Le città invisibili, 1972): “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio”. Proviamo allora a capire cosa è inferno e cosa non lo è.
Un nervo scoperto del nostro ordinamento tributario è l’abuso della decretazione d’urgenza. L’elenco degli interventi legislativi governativi è pressoché infinito: si va dal “Decreto del Fare” (d.l. n. 69 del 2013) al “Decreto Imu – Banca d’Italia” (d.l. n. 133 del 2013, reso famoso dalla cosiddetta “ghigliottina”), fino al “Decreto Destinazione Italia” (d.l. n. 145 del 2013, ora all’esame della Camera dei Deputati).
A monte di questa distorsione nella ripartizione dei poteri si colloca in realtà una diversa questione strutturale: ad una assemblea legislativa non spetta infatti il compito di individuare regole di dettaglio. Questa piaga non affligge soltanto la disciplina tributaria ma tormenta anche gli altri settori del diritto: basta ricordare alcuni interventi normativi dell’Unione Europea per regolamentare il settore ortofrutticolo o quello ittico, fissando con direttive e regolamenti, rispettivamente, diametro delle banane (regolamento (CE) n. 2898/95 della Commissione), lunghezza del gambo dei carciofi (regolamento (CE) n. 963/98 della Commissione, salvo, naturalmente, che siano acquistati in bouquet…) e angolo di incidenza dell’asparago (regolamento (CE) n. 2377/1999 della Commissione), nonché la larghezza delle maglie delle paranze (regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio).
Tornando all’ambito tributario, il Parlamento non deve preoccuparsi della determinazione della ricchezza nelle sue caratteristiche tecniche, ad esempio individuando il momento impositivo delle perdite su crediti o discettando della continuità dei valori fiscalmente riconosciuti. Si tratta di questioni la cui regolamentazione secondaria deve essere individuata dalla Amministrazione finanziaria di concerto con gli operatori del settore. Il Parlamento deve operare soltanto scelte politiche, come quelle che si nascondono dietro la determinazione del presupposto (cosa tassare?) o delle aliquote (quanto prelevare?) di un tributo: non è altro che questo il significato ultimo della riserva di legge cristallizzata nell’art. 23 Cost. (“Nessuna prestazione […] patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”).