Il presidente della Bce sostiene che "dieci anni per far nascere il fondo salva-banche è un non necessario lungo periodo". E aggiunge: "Serve la possibilità di prendere in prestito sul mercato con garanzie degli Stati o accesso a una linea di credito dal fondo salva-Stati"
Mario Draghi ha fretta di aiutare le banche. “Dieci anni per far nascere il fondo salva-banche è un non necessario lungo periodo”, ha dichiarato il presidente della Banca centrale europea a una conferenza, parlando del meccanismo di risoluzione unica degli istituti di credito.
Secondo il numero uno della Bce, i dieci anni sono “una delle questioni che crea incertezza” sul meccanismo e per questo motivo bisogna “raddoppiare il passo della mutualizzazione e avere un genuino fondo europeo in cinque anni”. Ma questo, ha precisato, “non significa che le banche devono pagare tasse più elevate“, perché “il fondo raggiungerà sempre il suo target in dieci anni. L’unica differenza è che sarà unico per tutti dopo cinque anni”.
Il fondo salva-banche “deve avere un solido paracadute pubblico“, ha aggiunto, “sotto forma della possibilità di prendere in prestito sul mercato con garanzie degli Stati o accesso a una linea di credito ad esempio dal fondo salva-Stati Esm“. Il numero uno dell’Eurotower ha evidenziato che “questo non significa che si avrebbe un sistema di trasferimento tra i contribuenti: come negli Stati Uniti, tale prestito sarebbe recuperato con un prelievo supplementare sulle banche in futuro”.
Quanto ai costi della crisi, per l’Europa sono stati alti “a causa della natura incompleta dell’integrazione finanziaria dell’Eurozona”. Per questo “aumentare la qualità dell’integrazione finanziaria superando la frammentazione è della massima importanza”. Non essendo gli asset bancari non ben allocati e non ben diversificati dal punto di vista geografico, ha concluso Draghi, “quando la crisi ha colpito il costo della riparazione dei bilanci è ricaduto largamente sugli Stati”.