Settanta collisioni con i volatili in cinque anni, l'ultima - che ha costretto un volo Ryanair a tornare in pista - mercoledì scorso. Nonostante le spese, lo scalo non riesce a liberarsi del problema, dovuto soprattutto alle aree circostanti. E il direttore ammette: "A volte siamo costretti a dichiarare l'inagibilità"
Sconfitta dai gabbiani. Che hanno invaso l’aeroporto e costretto Genova a chiudere lo scalo per ore e ore. Ma soprattutto che hanno messo a nudo una città dove non si riescono a trovare poche centinaia di migliaia di euro per risolvere un problema che paralizza i collegamenti. E mette a rischio la sicurezza, perché le collisioni con i volatili sono una delle cause principali di incidenti aerei. Eppure non si prendono provvedimenti risolutivi. Non si trovano i fondi, non si riesce a mettere intorno a un tavolo i responsabili dei diversi enti locali. E si va avanti così, affidandosi alla buona sorte. Finché non si arriverà al prossimo allarme.
Sembra una storia da ridere, ma non lo è. L’ultima volta è successo mercoledì scorso. Chi era presente giura che sembrava una scena del film “Uccelli” di Alfred Hitchcock: l’aeroporto Colombo, in onore del navigatore, non del volatile, in pochi minuti è stato invaso dagli uccelli. Migliaia. Così un Boeing 737 Ryanair in partenza per la Sicilia in fase di rullaggio, appena prima di staccarsi da terra, è stato colpito da un volatile. Nessun danno, ma è dovuto tornare a terra. Poi quattro voli in arrivo dirottati. Altri aerei rimasti a terra.
Il direttore generale dello scalo, Paolo Sirigu, non ne può più: “Mi è toccato dichiarare l’inagibilità della pista. Non c’erano le condizioni perché gli aerei atterrassero e decollassero”. Sirigu allarga le braccia: “Noi le abbiamo tentate tutte. Per la guerra contro gli uccelli spendiamo trecentomila euro ogni anno. Abbiamo assunto due ornitologi di fama nazionale. Poi ci siamo dotati di strumenti di ogni genere: dai falchi ai dissuasori, senza contare gli ultrasuoni e i richiami che simulano il lamento del gabbiano morente. Per non dire delle auto che corrono lungo la pista per scacciare gli uccelli e controllare che ci siano le condizioni per far muovere gli aerei”. Niente da fare? “Con particolari condizioni meteo, con il freddo e l’umidità, i gabbiani arrivano a migliaia. Il momento delicato è al tramonto: i gabbiani non ci vedono con il buio, così appena cala la luce nel giro di pochi minuti si poggiano dove trovano le condizioni migliori per dormire”, spiega Sirigu.
L’aeroporto di Genova sembra molto accogliente. Ma il direttore dello scalo aggiunge: “Il problema non è l’aeroporto. Il fatto è che intorno alle piste ci sono la discarica, le aree semi abbandonate delle acciaierie Ilva. Senza contare la diga del porto. Tutti posti dove i gabbiani vivono indisturbati”.
E un uccello non lo puoi trattenere. Si muove spesso in stormi. Risultato: capita all’improvviso che migliaia di gabbiani piombino sull’aeroporto. Creando disagi agli aerei. E anche inquietudini per la sicurezza. Bisogna evitare allarmismi, ma non si possono negare neanche i problemi.
Il bird strike, l’urto con gli uccelli, è una delle cause principali di disastri aerei, basti ricordare l’Airbus planato nel fiume Hudson a New York o il Boeing Ryanair giunto a Ciampino senza motori. Due incidenti miracolosamente senza vittime.
Le cronache dello scalo genovese – che conta quasi un milione e mezzo di passeggeri l’anno – ricordano diversi atterraggi di emergenza per colpa dei gabbiani: un Airbus della British Airways con un motore messo ko dai volatili in fase di decollo nel settembre 2012. Nel luglio 2008 toccò a un jet della linea Air Nostrum diretto a Madrid con 80 persone a bordo. Un caso in particolare è rimasto negli occhi dei controllori di volo e del personale dell’aeroporto: un gigantesco aereo cargo russo a pieno carico che non riusciva a prendere quota dopo il decollo per i motori danneggiati.
I registri dell’aeroporto riportano, anno per anno, le collisioni con volatili (non solo gabbiani): 18 nel 2008, 19 nel 2010, 10 nel 2011, 13 nel 2012 e 15 nel 2013. Non poche. Troppe comunque perché non si prendano provvedimenti.
Come chiede un pilota di Airbus A320 Alitalia: “Se gli uccelli finiscono in un reattore possono metterlo fuori uso. Se ci troviamo in mezzo a uno stormo rischiamo che a essere danneggiati siano entrambi i motori. Vi lascio immaginare che cosa può succedere”. Il comandante aggiunge: “Questa storia di Genova si sta diffondendo tra noi piloti. E non ci piace per niente. Le invasioni della pista sono un segnale da non sottovalutare. Prima o poi rischiamo che accada qualche inconveniente più serio. Bisogna agire presto. Anzi, subito”.
Ma che cosa impedisce di trovare una soluzione immediata? “Credo che utilizzando nelle aree adiacenti all’aeroporto gli stessi strumenti che abbiamo usato noi sulla pista il problema potrebbe essere risolto. I gabbiani se ne andrebbero”. Possibile che una città come Genova non riesca trovare i mezzi per far viaggiare meglio (e più sicuri) aerei con a bordo centinaia di passeggeri? “Noi possiamo agire soltanto nella zona di nostra competenza. Le aree intorno non dipendono da noi. Per questo ho chiesto anche al Prefetto di organizzare subito un incontro, di aprire un tavolo”, spiega Sirigu. Conclude: “A Firenze e a Fiumicino il problema dei gabbiani è stato affrontato. E risolto”. A Genova no. Ecco i veri problemi: i fondi, certo, ma soprattutto la burocrazia. “E intanto – sorride amaro il pilota Alitalia – noi continuiamo a volare. Con i nostri passeggeri”.