È arrivata ieri una notizia che rappresenta l’ultimo smacco, in ordine di tempo, alla già ridotta credibilità di un paese che è sempre meno accogliente con le imprese e con chi vuole investire. Perché mentre da noi si affoga di burocrazia anche chi desidera aprire semplicemente un bar, in altri paesi, in pochi mesi, aprono i battenti addirittura stabilimenti industriali. Non alludiamo a nazioni in via di sviluppo, verso le quali, negli ultimi anni, si è orientata la fuga dall’Italia, a volte disperata, in tanti altri casi furbesca, di nostre aziende. Stiamo parlando degli Stati Uniti D’America.

Qui, per l’esattezza nello Stato del Tennesee, è stato infatti inaugurato ieri, dopo appena dieci mesi dalla presentazione di un progetto di insediamento produttivo, il nuovo stabilimento dell’industria ceramica Del Conca. Si pensi che la stessa azienda attende invece da ben dieci anni l’approvazione di una variante al piano regolatore per riuscire ad ampliare il proprio sito a San Clemente, località dell’entroterra riminese.

Se per un allargamento della capacità produttiva i tempi sono così lunghi, immaginatevi cosa avrebbe significato, non solo da un punto di vista dell’attesa, aprire una fabbrica da 30mila metri quadri come quella che la Del Conca ha insediato in America: montagne di carte, un mare di adempimenti preliminari, migliaia di ore spese in colloqui con consulenti specializzati nelle più disparate arti di mediazione con la burocrazia italica, progetti da rifare una dozzina di volte, una cinquantina di modelli da compilare, apertura di molteplici tavoli di discussione, attese di mesi per la convocazione della conferenza dei servizi, muri di gomma in ognuno degli enti coinvolti nell’istruttoria, uno stillicidio ossessivo di sopralluoghi e verifiche di ogni genere compiuti dal momento della posa del primo mattone a quello del posizionamento dei pc sulle scrivanie.

Aprire un capannone da 30mila metri quadrati in Italia sarebbe stato, insomma, un autentico delirio. Nel quale chi ha un’impresa in questo paese si imbatte tragicamente anche per le cose apparentemente più innocue di questo mondo. Come l’allargamento degli spogliatoi del personale, la modifica delle altezze delle finestre, la variazione della posizione del lavello della cucina di un ristorante.

E tutto questo accade, come sentiamo dire dagli stessi governanti di turno, perché il rapporto tra istituzioni e imprese è tremendamente malato, condizionato com’è da una mole abnorme e senza senso di normative, un groviglio di leggi tra di loro non di rado in contraddizione a causa di una relazione perversa tra i diversi enti e livelli istituzionali coinvolti.

La ceramica Del Conca, dalle istituzioni del Tennesee, ha addirittura avuto a disposizione un assistente dedicato e pronto a risolvere ogni nodo burocratico che potesse presentarsi lungo il cammino per la costruzione dello stabilimento. In Italia c’è invece un esercito di funzionari che trovano decisamente più gustoso, in una sorta di ricerca di piacere che sfiora autoerotismo, tirare fuori ogni sorta di cavillo per ostacolare il percorso di nascita e la stessa vita delle imprese.

Il dramma vero è che le semplificazioni, le sburocratizzazioni, gli sforbiciamenti, la necessità che la burocrazia sia “amica” delle imprese, ossia tutta una serie di concetti che sentiamo evocare da un ventennio, sono rimasti lettera morta. Ed allora fanno ancora più riflettere e male le parole che un ingegnere della ceramica Del Conca ha pronunciato in occasione dell’inaugurazione del sito statunitense: «chi investe è visto come colui che porta qualcosa di positivo sul territorio, quindi le istituzioni si adoperano con determinazione per agevolarlo, non danno dollari ma crediti fiscali, servizi e perfino infrastrutture, che vengono finanziate e costruite dalle autorità locali: la Del Conca Way – la strada che porta allo stabilimento, costruita dal Dipartimento Trasporti dello Stato del Tennessee – è l’esempio più eclatante».

Twitter: @albcrepaldi

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