Un quadro di Lucio Fontana è stato trafugato la scorsa notte a Milano. A renderlo noto sono stati i carabinieri allertati dai vigilantes del Museo Pecci in Ripa di Porta Ticinese da cui il dipinto è stato asportato. Il “Concetto spaziale 1962” è apparso sul catalogo generale dell’artista nel 1986, e il 30 novembre scorso è stato presentato a un’asta, a Prato, andata invenduta. Il suo valore è stimato tra i 400 e i 600mila euro. I ladri, secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine, sono entrati dal cortile forzando un braccio motore di un cancello elettrico. Gli investigatori della polizia stanno cercando telecamere di sorveglianza che possano fornire elementi utili all’individuazione dei ladri che hanno rubato l’opera. Al momento non sono emerse segnalazioni di testimoni. Il quadro era al centro di un’esposizione (dal 21 gennaio al 15 febbraio) che accostava l’opera di Fontana (della galleria Farsetti Arte) a un’altra di Anish Kapoor, presente con “Here and There” del 1987 (della collezione del Museo).
Il critico Enrico Crispolti in “Centenario di Lucio Fontana” aveva definito l’opera “una evoluzione pittorica delle Nature realizzate in terracotta (1959-1960), con la sua densa superficie a olio rosa su cui riecheggiano le incisioni concentriche e il rilievo plastico aperto sullo squarcio profondo, un “taglio” slabbrato inferto nella tela che attira verso una profondità fisica, dinamica, lontana dalla sospensione nel tempo assoluto, metafisico delle Attese (1958-1968)”. Quest’opera rappresenta “un atto di violenta appropriazione che Fontana compie nella tersa materia del campo pittorico, ma soprattutto una possibilità di un’immagine, configurata in una sorta di rapporto sensuale, carnale, ma malgrado l’artificiosità lussureggiante e spiazzante delle scelte cromatiche anche di segno doloroso”.
Meno di 10 giorni fa sempre a Milano erano state rubate tre sculture di Arnaldo Pomodoro del valore complessivo di quasi 100mila euro da un negozio di parrucchiere in via Rovello, ma in quel caso il furto non sembrava “mirato”. Era stato l’autore stesso a regalarle ai parrucchieri.