‘Ndrangheta a Milano. Quella delle ville bunker, delle estorsioni e della “delinquenza abituale”. Per capirci: la ‘ndrangheta del clan Valle capeggiato da quel don Ciccio che aveva l’abitudine di minacciare e intimidire gli imprenditori in una grande sala sotto l’enorme quadro di un parente latitante. Il blitz della squadra Mobile, scattato il primo luglio 2010, si è concluso in aula con pene fino a 24 anni per associazione mafiosa, poi confermate in Appello. Il sigillo della Cassazione è atteso per il prossimo 17 febbraio.
Partita chiusa, dunque? Per niente. Tanto che ora il nastro rischia addirittura di tornare indietro al giudizio di primo grado cancellando il secondo. Proprio ieri, infatti, un’altra sezione della Cassazione ha accolto il ricorso del collegio difensivo contro l’ordinanza della Corte d’Appello di Milano (quinta sezione) che il 25 maggio 2013 bocciò la richiesta di ricusazione del giudice di secondo grado Luigi Martino. Motivo della richiesta: aver già giudicato (sempre in Appello negli anni Novanta) il vecchio Francesco Valle e suo figlio Fortunato all’epoca accusati di associazione a delinquere semplice finalizzata all’usura. Insomma, secondo il collegio difensivo, sarebbe stato violato il diritto del giudice naturale. Risultato: la Cassazione ha annullato senza rinvio quell’ordinanza rimandando tutto davanti alla corte d’Appello che di nuovo dovrà esprimersi sulla ricusazione presentata all’epoca dall’avvocato Oreste Dominioni (difensore di Fortunato Valle), al quale poi si sono accodati gli altri legali, tra cui Giuseppe Nardo, Ivano Chiesa e Amedeo Rizza che oggi difende Francesco Valle.
Le motivazioni della Cassazione non sono ancora note, ma da quanto si apprende il giudizio riguarderebbe il merito della questione. Se così sarà, i nuovi giudici d’Appello non potranno che prenderne atto accettando la ricusazione. In attesa che venga calendarizzata l’udienza, il collegio difensivo chiederà ai supremi giudici di sospendere il verdetto sull’intero processo fissato per il 17 febbraio.
Si allungano così i tempi di uno dei procedimenti più importanti sulla presenza mafiosa a Milano. Il blitz del 2010, arrivato pochi giorni prima dell’operazione Infinito, raccontò le prime infiltrazioni nel mondo della politica locale. Per la prima volta alcune intercettazioni, secondo la Procura, svelarono gli interessi dei clan su Expo. Ne fece le spese Davide Valia, ex assessore di Pero che pur finito sui giornali con il ruolo di cerniera tra politica e mafia non fu mai indagato e il suo nome uscì quasi subito dall’inchiesta. Nel novembre 2011, poi, arrivò il secondo tempo con l’arresto, addirittura, di un magistrato e di un avvocato. L’indagine alzò il velo sull terzo livello della ‘ndrangheta portando in primo piano la figura di Giulio Giuseppe Lampada, ras dei videopoker e referente per i contatti con le istituzioni. Chiusa in primo grado con pesanti condanni, questa seconda parte deve ancora approdare in Appello.
Appello che, invece, per il primo processo ai Valle si chiude il 19 giugno 2013 con la conferma di tutte le condanne. Il dibattimento era iniziato il 24 maggio 2013 e si era aperto con la richiesta di ricusazione di Martino, poi bocciata. La quinta sezione, infatti, la ritenne inammissibile perché infondata visto che il reato degli anni Novanta non era di associazione mafiosa e perché gli imputati, all’epoca, scelsero il patteggiamento in secondo grado e dunque i giudici, tra cui appunto Martino, non entrarono nel merito della vicenda. Ora, però, le cose cambiano. E con il giudizio di Appello che rischia concretamente di essere annullato per tutti gli imputati. Di più: se il nuovo processo non sarà fissato entro il prossimo 10 luglio, i condannati a pene inferiori ai dieci anni usciranno di galera. Tra questi anche Francesco Lampada.