Restare in un eventuale nuovo esecutivo? “Mi pare di aver già dato in passato la mia disponibilità, ma qualcuno me lo deve chiedere”. Fabrizio Saccomanni non sembra intenzionato ad abbandonare la guida del ministero dell’Economia, anche se la sua poltrona è sempre più in bilico. Il ministro alza così il tiro sugli obiettivi da raggiungere con il tanto discusso piano di dismissioni. “In relazione alla prima fase di privatizzazione, che si intende concludere entro l’anno, ritengo possa essere considerata attendibile una stima complessiva di benefici finanziari per lo Stato dell’ordine di 8-9 miliardi di euro“, ha annunciato in un’audizione al Senato, mettendo subito le mani avanti sulla cifra: “Le stime di introiti diretti per lo Stato devono essere considerate preliminari e provvisorie, non essendo disponibili valori di riferimento di mercato per le realtà a oggi non quotate”.
La prima fase del piano, con cui il governo puntava inizialmente a incassare in totale tra 10 e 12 miliardi, riguarda la dismissione di partecipazioni in Poste Italiane, Enav, St Microelectronics ed Eni – ha spiegato il numero uno di via XX settembre – sottolineando che “regolamentare, in fase di avvio, la dismissione di quote di minoranza non preclude al governo la possibilità di dismettere in futuro ulteriori quote”. Saccomanni non nasconde una certa fretta a fare cassa il prima possibile, chiarendo che “l’obiettivo è completare le operazioni di vendita di azioni di Poste italiane e di Enav nel miglior modo possibile e in tempi brevi“. E ricorda le motivazioni che hanno spinto l’esecutivo a intraprendere la via delle dismissioni: “La più importante è stata l’esigenza di ridurre in modo consistente il debito pubblico, un obiettivo che è stato perseguito alla luce di accurate analisi dei costi e dei benefici di ciascun intervento”. Il ministro, tuttavia, riconosce che “dalle privatizzazioni è vero che ci saranno importi modesti rispetto al debito, ma credo che vada dato un segnale all’Europa e a noi stessi che stiamo cercando di trovare modi per ridurre il debito diversi dal taglio della spesa pubblica o dell’aumento dell’imposizione”.
Saccomanni ha poi parlato delle privatizzazioni realizzate tra il 1992 e il 2005: “Un processo di dimensioni uniche nel panorama europeo che ha interessato circa 30 aziende pubbliche, determinando introiti complessivi per lo Stato di circa 100 miliardi di euro“. E ha spiegato che “in merito ai possibili introiti per lo Stato, occorre innanzitutto distinguere tra cessioni di partecipazioni dirette e dismissioni di partecipazioni indirettamente detenute, ovvero le cosiddette privatizzazioni di secondo livello: gli introiti derivanti dalle prime saranno esclusivamente destinati al Fondo ammortamento dei titoli di Stato e utilizzati – attraverso il riacquisto o il rimborso a scadenza di detti titoli – per la riduzione del debito pubblico”. Per quanto riguarda invece le privatizzazioni di secondo livello, gli introiti andranno a beneficio delle società azioniste dirette, che li utilizzeranno per la riduzione del proprio indebitamento e per il supporto di iniziative di investimento del gruppo; nell’eventualità in cui dovessero generarsi plusvalenze, o situazioni di patrimonio eccedente, le maggiori risorse a disposizione potranno essere retrocesse al ministero dell’Economia in quanto azionista, con conseguenti benefici per i conti pubblici”.
Tra le dismissioni di partecipazioni da società controllate, Saccomanni ha affermato infine che il governo “guarda con favore a ipotesi concrete” in relazione a Ferrovie dello Stato e Cassa depositi e prestiti. Mentre per quanto riguarda la “privatizzazione” delle Poste ha fatto sapere che “i correntisti stanno chiedendo se possono comprare azioni delle Poste già adesso”, confermando il piano dell’amministratore delegato Massimo Sarmi: puntare sui clienti per attirare l’attenzione degli investitori internazionali.