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Elezioni Sardegna, Cappellacci promette il Piano del paesaggio. Ma domenica si vota

Davanti alla platea di Confindustria, il governatore rispolvera il provvedimento annunciato fin dalla campagna contro Soru, che aveva vietato le costruzioni entro i 2 km dalla costa. Peccato che manchi ancora un parere obbligatorio e ci sia un'impugnazione del governo. E il 14 febbraio sarà l'ultimo giorno utile

Revisione sì, revisione no. I tempi sono strettissimi e quando ormai manca una manciata di giorni alla fine del suo mandato il governatore (e ricandidato) di centrodestra Ugo Cappellacci rilancia uno dei suoi cavalli di battaglia: il nuovo Piano paesaggistico regionale. L’eterna promessa sfila dunque nei titoli di coda della legislatura. Nella settimana delle elezioni del 16 febbraio ha annunciato alla platea di Confindustria: “Lo approveremo in via definitiva prima del voto”. Cioè entro venerdì 14. Ma non è cosa semplice visto che manca un parere tecnico, ossia la Valutazione d’impatto strategico da parte degli uffici regionali. Quindi l’ultimatum con la minaccia dei commissariamenti dei dirigenti pur di arrivare al risultato. Che suona come uno spot elettorale. «Un atto irresponsabile» secondo tutti gli altri candidati. Bocciato ancora una volta dalle associazioni ambientaliste.

Sul Piano paesaggistico voluto dall’attuale Giunta c’è poi un altro macigno. L’impugnazione da parte del Governo nazionale, arrivata il 17 gennaio, preceduta dai rilievi formali del ministero dei Beni culturali. Lo strumento di programmazione urbanistica è quindi di fronte alla Corte costituzionale in quanto “atto unilaterale”. Si è saltato un passaggio: quello della co-pianificazione secondo il Codice Urbani e secondo la Costituzione, appunto. «Interferenze politiche» per l’attuale presidente della Regione. E quindi tutto fermo, con nuova benzina sulla disputa Sardegna Regione autonoma e Stato centrale.

Il Ppr, o meglio ancora il Pps (Piano paesaggistico dei sardi) così come è stato ribattezzato lo scorso autunno – quando è stato approvato in via provvisoria – è una sorta di libro mastro a cui tutti i Comuni devono far riferimento. Stabilisce chi può costruire, dove e quanto. Attorno vi ruotano gli interessi dei costruttori, dei privati e dell’intero settore dell’edilizia in crisi cronica. Nonché consensi e quindi voti. Sono ormai dieci anni che se ne discute, quello in vigore è stato voluto e studiato dalla precedente giunta di Renato Soru: adottato nel 2006, contestato duramente perché considerato troppo restrittivo e farraginoso. «Soltanto 7 comuni sardi su 377 sono riusciti ad adeguare il Puc in base al Ppr», precisa il presidente Cappellacci. È prevista la tutela delle coste entro 2 chilometri dal mare, spazio considerato “bene paesaggistico d’insieme” e la protezione dei beni identitari, anche nell’interno.

Un argomento di peso, dunque, che attraversa le campagne elettorali e che ha contribuito alla vittoria nel 2009 di Cappellacci. La nuova versione del Ppr è stata presentata 4 anni dopo dalla sua elezione, poche settimane prima della terribile alluvione che ha devastato l’Isola, con morti e distruzione. E lo strascico di polemiche e accuse sulla speculazione edilizia e la mancata cura del territorio, soprattutto in Gallura.

Per convincere i detrattori non è bastato nemmeno il video promozionale che vede protagonista il presidente in persona in contesto bucolico e dal titolo rivendicativo: “Restituiamo la Sardegna ai sardi”. Né le rassicurazioni: «Il Pps non porterà nessuna cementificazione». Gli ambientalisti sono implacabili, in prima fila da sempre il Gruppo d’intervento giuridico, Legambiente, Wwf e Fai che annunciano ricorsi. Il piano recepisce infatti alcune leggi già impugnate dal governo davanti alla Consulta come quella dello sviluppo con campi da golf (e relativi resort e metri cubi). Nonché si teme la riesumazione di progetti di grosse lottizzazioni, in riva al mare, attualmente bloccati. Dal Sulcis alla Gallura i pretendenti di vecchia e nuova data non mancano.

Pure l’aggiornamento del Ppr ha avuto strascichi giudiziari, e non per abusivismo edilizio. In ballo ci sono 900mila euro: sono gli incentivi stanziati per il lavoro di revisione da dividere tra 164 dipendenti regionali, in parte ignari, che non hanno mai partecipato al progetto. Le accuse per i tre dirigenti, ora imputati, che hanno firmato gli atti vanno da concorso in falso ideologico a truffa aggravata. Il denaro è stato sequestrato dalla Finanza e la spartizione sospesa.