Il 3 febbraio esce sul Fatto del Lunedì la mia inchiesta sui farmaci salvavita che spariscono dagli scaffali delle nostre farmacie, per tre mesi, sei, anche quattro anni. Dopo una settimana, cioè lunedì 10 febbraio, Rainews24 mi invita in studio per parlare del problema con il vicepresidente di Federfarma Milano, Paolo Vintani. Grande assente Farmindustria. Eppure la Rai glielo chiede non una volta ma per tre giorni di fila. Un caso? Non direi proprio.
Secondo i grossisti (anello intermedio tra le ditte produttrici e i farmacisti), sono le industrie del farmaco che non inviano le quantità richieste di certi medicinali, li mettono da parte e li piazzano sui mercati esteri più redditizi. Al contrario, Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, accusa i grossisti di contingentare le partite per rivenderle nei Paesi europei dove valgono anche il 400 per cento in più. La verità sta in mezzo: entrambi fanno i loro interessi e appena Germania, Inghilterra, Olanda, Svezia o Norvegia li richiedono, loro sono pronti a spedirli. Non solo. Le ditte produttrici possono far valere la regola del “dual pricing”: vendono al grossista a un prezzo superiore del mercato domestico e uguale a quello dei paesi d’importazione. Un’emorragia che non ha numeri.
L’unica stima (molto approssimativa) risale al 2009: in tutta l’Unione europea il mercato parallelo del farmaco è circa il 7 per cento di quello ufficiale (che avviene cioè tramite la rete di distribuzione ufficiale dei fabbricanti titolari del brevetto), con un giro di affari di circa 14 miliardi di euro. E ogni anno cresce del 15 per cento.
Oggi al farmacista mancano anche 100 medicinali al giorno. Al 90 per cento sono di fascia A, cioè quelli rimborsati dal Sistema sanitario nazionale che servono per curare le malattie croniche: anticoagulanti, antidepressivi, antiparkinson, antiepilettici, contro l’ipertensione, broncodilatatori, gastroprotettori e pure gli antitumorali. Se da noi costano 20 euro in Germania 200, tanto per capirci. Una situazione disperata e del tutto fuori controllo. Complici i broker, una decina in Italia, non di più: il farmacista che non ha l’autorizzazione per l’attività all’ingrosso li rivende a loro, in nero. Peggio ancora: da quando è entrato in vigore il decreto legislativo 219/2006, che consente alle farmacie di ottenere dalla Regione la licenza per diventare anche distributrici, i farmacisti-grossisti si sono moltiplicati selvaggiamente. Senza un criterio di cognizione. A concedere le licenze, si badi bene, non è direttamente la Regione di riferimento, ma le singole Asl sparse sul territorio che tra di loro non si parlano. Nessuno, quindi, sa quante sono le farmacie-distributrici presenti in Italia. E nessuno vigila se queste rispettano i requisiti minimi nei magazzini dietro il bancone (art.105, comma 1, d. lgs 219/2006).
Fra pochi giorni il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare un decreto ad hoc del ministro della Salute Beatrice Lorenzin che permette all’Agenzia del farmaco di stilare una lista di farmaci essenziali vietati all’esportazione, come ci chiede l’Unione europea. Nella prossima puntata vi racconto se il patto è stato rispettato o meno.