Tra l’apprendista stregone del Fantasia disneyano e la Federal Reserve americana (attorniata dalle consorelle maggiori) l’analogia è irresistibile. Entrambi si trovano alle prese con liquidità fuori controllo. Tuttavia nel cartone animato il responsabile è, appunto, un apprendista maldestro; nella Federal Reserve è il demiurgo della politica monetaria a provocare la danza inarrestabile delle scope con i secchi (metafora della leva finanziaria) che allagano il castello. Come le schiere di ramazze-golem Disney, i mercati recalcitrano proprio quando ci si illude di averli imbrigliati.
Le abbondanti irrorazioni di dollari, euro, yen, sterline e yuan hanno abbattuto i tassi di interesse inducendo gli investitori istituzionali e i gestori di patrimoni ad assumersi rischi largamente sottovalutati per rosicchiare qualche frazione di rendimento nella convinzione che Mamma Fed si sarebbe presa cura delle conseguenze. L’impatto è riverberato su molti sistemi finanziari un tempo periferici, dalla Cina al Brasile, dalla Turchia all’India dove le imprese hanno aggiunto al credito dal settore bancario – la cui leva soprattutto in Europa rimane a livelli ingiustificabili – sostanziose emissioni sul mercato obbligazionario internazionale.
Questo flusso di denaro ha sospinto i tassi di crescita, ma al contempo ha indotto i governi ad allontanare il calice amaro di riforme impopolari ma essenziali, lasciando putrefare le sacche di inefficienza e di mala amministrazione. L’intensità delle crisi è dunque determinata da fattori prevalentemente politici: le satrapie autoritarie in Argentina, Venezuela e Ucraina, le rivolte in Thailandia e Bosnia, l’obliterazione dell’eredità maoista in Cina, le corruttele plateali in Sudafrica, Turchia, Russia, India, gli intrecci tra politici e banche in Ungheria , Romania, Croazia e, ancora, Cina.
Vi sono poi i Paesi che hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi grazie al credito facile, tipo Cile, Indonesia, Perù che però potrebbero cavarsela con meno danni se non commetteranno errori grossolani. Infine vi sono anche paesi che hanno perseguito liberalizzazioni e ripulito in parte la casa come Corea, Messico, Polonia, Filippine, Malesia e che potrebbero attraversare una tempesta di media intensità.
Il Fatto Quotidiano, 12 febbraio 2014