L’uomo con la lista in mano è Graziano Delrio, il ministro degli Affari regionali del governo Letta che sta per passare a Palazzo Chigi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio. È l’unico di cui Matteo Renzi si fida davvero ed è lui che sta lavorando alla formazione della squadra del prossimo esecutivo. La casella più delicata è quella di ministro dell’Economia: i renziani cercano qualcuno che abbia un profilo e un’autorevolezza sufficienti a negoziare in Europa per conto di una compagine di novizi (e in questa chiave potrebbe essere utile la conferma di Enzo Moavero agli Affari europei). 

Si parla molto di Lucrezia Reichlin: è donna, economista di fama internazionale, ha lavorato alla Bce, è stata in Unicredit, sarebbe la persona giusta. Lei dice: “Non ho sentito nessuno in Italia” e sta aspettando risposte dalla Bank of England, la Banca centrale d’inghilterra, cui ha inviato il suo curriculum per il posto di vicegovernatore (a Londra scelgono così i banchieri centrali, sul mercato). Racconta qualche renziano che la Reichlin e Renzi si erano conosciuti durante la campagna per le primarie 2012, quando il leader Pd cercava interlocutori economici dopo aver perso Luigi Zingales: stima reciproca tanta, ma conciliare due caratteri così forti non è semplice. A fianco di un ministro tecnico, comunque, ci saranno due vice politici che vigileranno sull’ambizioso programma che sta scrivendo Filippo Taddei, l’uomo della politica economica nella segreteria.

Primo punto: un taglio delle tasse duraturo, alimentato da coperture strutturali e non una tantum come quelle usate da Enrico Letta anche nel suo testamento presentato due giorni fa, il documento Impegno 2014. L’idea di offrire l’Economia proprio a Letta è durata un’ora, immediate le smentite imbarazzate. Dei nomi noti che riempiono i giornali in questi giorni l’unico papabile è Tito Boeri, economista della Bocconi che al Welfare dovrebbe introdurre la riforma del contratto unico a tutele crescenti, ideata proprio da lui. Molto più difficile che entrino l’imprenditore Oscar Farinetti e lo scrittore Alessandro Baricco, quasi impossibile poi che Andrea Guerra lasci Luxottica, cui è legato da milioni di euro di stock option.

Il primo passo è l’applicazione di un rigoroso manuale Cencelli della lottizzazione partitica: per Ncd resteranno Maurizio Lupi (Trasporti) e Beatrice Lorenzin (Sanità), delicato il ruolo di Angelino Alfano (sempre all’Interno? E può fare il vicepremier? Renzi è nervoso). Il Pd cerca di offrire qualcosa a Sel, sperando almeno in un appoggio esterno: se non entreranno i leader (tipo Gennaro Migliore), gira il nome di Paola Balducci, giurista, ex Verdi. Anche la minoranza del Pd avrà la sua quota: dovrebbe essere riconfermato Andrea Orlando, all’Ambiente o in un altro dicastero. Anche l’attuale capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza potrebbe trasferirsi al governo e molti deputati sperano che la guida del gruppo tra i renziani adatti al ruolo vada a Matteo Richetti.

L’ex lettiano, ora renziano e sempre franceschiniano Dario Franceschini avrà sicuramente un ministero, forse Cultura, forse qualcosa di più. Si prepara Michele Emiliano, sindaco di Bari. Per l’Agricoltura è pronto Ernesto Carbone, che in quel ministero ha già lavorato e che da tempo spera di tornarci da numero uno. Gaetano Quagliariello va a occuparsi di strutturare il partito, Ncd, e lascia le Riforme alla super renziana Maria Elena Boschi. Tra le cariche che contano quella su cui c’è maggiore incertezza è la Giustizia: il nome di Michele Vietti non è credibile, la responsabile Giustizia del Pd Alessia Morani resta al partito. Vedremo, forse il Quirinale vorrà dire la sua in materia. Renzi conta di risarcire Roberto Reggi, un tempo braccio destro immolato dopo una battuta feroce sui bersaniani durante le primarie 2012, sarà almeno sottosegretario.

Twitter: @stefanofeltri

Da Il Fatto Quotidiano del 14 febbraio 2014

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