Se un’opera legata ad Expo e davvero importante per Milano come la M4 non viene realizzata, perché un’altra opera sostanzialmente inutile per Milano, come la Via d’Acqua, deve invece essere realizzata a tutti i costi? Una cosa è certa: a Milano non puoi distrarti un attimo, ne capitano di tutti i colori. Eppure c’è qualcosa di sottile e profondo che lega notizie ed eventi apparentemente distanti fra loro.
Referendum. Nel 2011 i milanesi avevano votato e approvato cinque referendum cittadini, il primo dei quali proponeva di rilanciare la “rivoluzione” avviata il 2 gennaio 2008 (introduzione per la prima volta del pedaggio urbano “Ecopass”, lancio di BikeMi, ecc.) sotto forma di congestion charge da estendere progressivamente oltre la cerchia dei Bastioni. L’Amministrazione comunale ha assunto l’impegno di realizzare tutto ciò con una delibera di Giunta nel 2012. Poi, più nulla. E’ di poche settimane fa l’annuncio da parte del sindaco Pisapia di un referendum cittadini per decidere come spendere 65 milioni di euro ricavati dalla cessione di una quota A2A. In attesa di futuri referendum, non sarebbe meglio iniziare a rispettare quelli già svolti, attuando quanto richiesto dai cittadini?
“Il traffico non è più un problema?”. Così la pensa l’attuale Amministrazione. Se ci si riferisce alla sola zona dei Bastioni, nella quale – come puntualmente previsto dai referendum, in base alle analisi sviluppate al tempo di Ecopass – la congestion charge ha ridotto il traffico di oltre il 30%, l’affermazione sta in piedi. Ma dovendo governare un’intera città e non solo il suo centro storico, sorgono i primi dubbi.
Gli studi condotti da AMAT sul black carbon (la componente organica più pericolosa per la salute umana, contenuta nel particolato atmosferico che inaliamo ogni giorno camminando per strada) dimostrano che la congestion charge ha dimezzato le concentrazioni di questi veleni nel centro storico. Solo nel centro storico, però: un cittadino (bambino, anziano) residente fuori dal centro respira un’aria velenosa il doppio rispetto a chi vive e respira in centro città. Tutto questo ha conseguenze sulla salute umana, come spiegano importanti medici come Pier Mannuccio Mannucci e Paolo Crosignani. A meno che non si voglia ufficializzare l’esistenza di due distinti “diritti alla salute” – uno per chi vive in centro, l’altro per chi abita in periferia…
“Meno auto in sosta, più piste ciclabili”. Detta così suona bene: se si riduce il numero di stalli riservati alla sosta veicolare lungo le strade urbane, si recupera spazio per realizzare nuovi itinerari ciclabili. Ma qualcosa non torna: per quale ragione dal 2013 l’Amministrazione ha deciso di concedere abbonamenti mensili o annuali a tariffe ribassate (da metà a un quarto del costo ordinario) in tutti gli spazi di sosta a pagamento compresi fra la circonvallazione esterna e il confine urbano? Abbonamento significa “fidelizzazione” del cliente: se mi abbono, userò sempre lo spazio per sostare il mio veicolo. Siamo di fronte alla sperimentazione in vivo della “teoria del caos”…
Il buco nascosto. “Inutile proporre l’estensione di Area C: non ci sono risorse per farlo”. Ecco un argomento concreto. Siamo in una fase di crisi; per racimolare 13 milioni di euro/anno l’Amministrazione ha preso misure gravemente impopolari come l’aumento degli abbonamenti ATM, che colpisce la popolazione che usa il trasporto pubblico invece del mezzo privato (e infatti, per la prima volta, si è invertito il trend di crescita continua degli abbonamenti, avviato nel 2008 con Ecopass). Ma anche qui, qualcosa che non quadra. La mancata riscossione della sosta a pagamento al di fuori dei Bastioni procura, alle casse comunali di Milano, un buco di almeno 30 milioni di euro/anno. L’Amministrazione – dopo aver speso soldi per pianificare gli ambiti di sosta regolamentata, tracciare righe, installare segnaletica verticale – dovrebbe ricavare 40 milioni di euro/anno, invece ne incassa solo 8. Perché? Semplice: perché non esistono controlli, delegati ad ATM attraverso gli accertatori della sosta. Che senso ha aumentare gli abbonamenti ATM ad anziani e studenti, se prima non si risolve questo nodo, anzi questo buco? La motivazione delle risorse mancanti non tiene.
Car sharing/caos sharing. Il car sharing liberalizzato è stata una intuizione valida, soprattutto svincolato da stazioni di ritiro/consegna del mezzo. Penso soprattutto a chi abita in zone periferiche poco servite dalla rete ATM, soprattutto di sera, soprattutto se donna. I Genitori Antismog hanno scritto una lettera molto puntuale a Maran in cui sollevano legittimi dubbi e richieste di verifica sul funzionamento del sistema che sta trasformando le strade di Milano in un buon business per gli operatori del settore.
L’assessore Maran ha tentato di mettere la parola fine ad ogni polemica sulla bontà “a prescindere” del car sharing, citando uno studio realizzato negli Stati Uniti dalla società di consulenza Alix Partners, dal quale risulterebbe che per ogni veicolo di car sharing ne restano invenduti 32 presso i concessionari d’auto (Ndr: Alix Partners è la stessa società che due anni or sono ha realizzato uno studio per il rilancio dei profitti dell’industria automobilistica). Forse il nostro mercato dell’auto è (fortunatamente) un po’ diverso da quello statunitense. In ogni caso, il car sharing sia uno strumento molto utile, a patto di non dimenticare due cose: a) va inserito in una strategia complessiva di misure fra loro coerenti; b) metà del particolato sottile prodotto dal traffico urbano è di natura “secondaria”: cioè non proviene dal processo di combustione, ma proprio dal volume di traffico veicolare (attrito pneumatici, freni, consumo manto stradale, ecc.). E a questa quota di smog contribuiscono anche i veicoli elettrici, anche quelli in car sharing.