Non so quanti anni abbia il calciatore della Lazio primavera Joseph Marie Minala, fino a prova contraria tendo a credere che abbia diciassette anni com’è attestato nei suoi documenti. Non mi piace lo scherno mediatico che si è rovesciato sulla pelle di questo ragazzo, non mi piace in generale quando la rete si muove come un corpo solo puntando una persona e facendola a fette.

Provo a ragionare in un altro modo e dico che se Joseph Marie Minala avesse davvero quarantadue anni, e se, giocando a pallone in un altro continente con ragazzi di sedici anni, avesse trovato il modo per scampare la miseria (provate un po’ a correre dietro a ragazzi di sedici anni, se ne avete quarantadue), se questo fosse davvero un espediente un po’ folle per aggirare la malasorte, e con essa le regole del Dio pallone, un Dio in genere così poco equanime, se questa fosse una straordinaria violazione delle regole che serve però a garantire un minimo di benessere a una famiglia lontana, beh, Joseph Marie Minala sarebbe il Tom Joad della nuova Grande Depressione, un genio commovente, il mio grande idolo sociale. 

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