Cina pigliatutto. Tre orsi (quello d’oro e due d’argento) e un furto. Berlino così arriva a parlare mandarino e solo pochissimo quel americano-texano che meritava il trionfo. Parliamo dell’immenso Boyhood di Richard Linklater, che si deve accontentare dell’Orso d’argento come miglior regista. Ne è rimasto deluso il bravissimo cineasta che per 12 anni ha messo in piedi un progetto cinematografico unico nel suo genere. Ma tant’è, la giuria guidata dal suo connazionale James Schamus (il produttore di Brokeback Mountain) ha decretato le sue preferenze per Bai Ri Yan Huo (Black Coal Thin Ice) di Diao Yinan, film che oltre all’Orso d’oro si è guadagnato quello d’argento per il miglior attore, Liao Fan.
Un detective movie molto bello e che certamente meritava un riconoscimento, ma due e soprattutto il massimo premio, suona da evidente esagerazione. La storia di un ex detective della Cina settentrionale che s’innamora follemente della vedova di un uomo ucciso e seviziato (parte dei suoi resti sono visibili mescolati al carbone trasportato in una fabbrica..) ha conquistato i giurati sinofili, che non contenti del bis al film di Yinan, hanno regalato l’Orso d’argento al miglior contributo tecnico (fotografia) a un altro cinese, Blind Massage di Lou Ye: una struggente storia con attori ciechi in un film assai mediocre.
Fa sorridere, a questo punto, anche la decisione dell’Orso d’argento attribuito all’altro texano del concorso, Wes Anderson, gran premio della giuria per The Grand Budapest Hotel, il film di apertura. Un premio a un film che nulla aggiunge alla filmografia del pur bravo cineasta e di cui forse non aveva bisogno. Ne avrebbe invece avuto molto il bellissimo ’71, esordio del britannico Yann Demange, rimasto a mani vuote, e così pure avrebbe meritato un riconoscimento più pesante il tedesco Kreuzweg di Dietrich Brueggeman (il migliore del quartetto locale), che si deve accontentare dell’Orso d’argento per la sceneggiatura.
E se il premio all’interpretazione femminile guarda ancora al Far East (la vincitrice è la giapponese Haru Kuroki per il commovente e grandioso Chiisai Ouchi dell’83enne maestro Yoji Yamada) l’Alfred Bauer Prize per “un film che apre nuove prospettive al cinema” risponde ironicamente al nome del 91enne francese Alain Resnais, per il suo Aimer, boire et chanter. Una pellicola frizzante e di valore che – tuttavia – non solo non offre innovazioni stilistiche al cinema ma si allinea perfettamente alla poetica di un maestro che da mezzo secolo ci regala magnifici contributi alla Storia del cinema. Un consiglio alla giuria della 64ma Berlinale: ripassare la Nouvelle Vague.