Smisurata ambizione. Era il dicembre 2008, vigilia delle elezioni primarie per la scelta del candidato sindaco di Firenze. Uno dei giornali con cui collaboravo, “il Riformista“, mi chiede di scrivere di questo Matteo Renzi, giovane cooptato dalla Margherita per la presidenza della Provincia di Firenze, che in quel momento si lanciava, da outsider, nella corsa per Palazzo Vecchio. Il favorito, pensate, così come la raccontava la stampa fiorentina ma anche quella nazionale, era il veltroniano Lapo Pistelli, anche lui con un passato nella Dc-Ppi-Margherita, di cui Renzi era stato anche giovane assistente, o portaborse che dir si voglia. Poi c’era l’assessore, Graziano Cioni, detto lo “sceriffo” perché cacciò i lavavetri dagli incroci della città, vecchio comunista empolese che diceva: “Se vinco io Renzi fa il vice, se vice lui faccio il vice io”. Poi fu spazzato via dalle primarie da un’inchiesta giudiziaria sugli appalti dell’area di Castello. Proprio Renzi, in una drammatica assemblea, gli chiese di fare il fatidico passo indietro. Cioni, in seguito, è stato archiviato. 
Ma tutto questo ancora non lo so mentre raggiungo Palazzo Medici Riccardi, la bellissima sede della Provincia di Firenze, per intervistare il presidente candidato sindaco, oggi sindaco segretario di partito e premier in pectore. La segretaria mi comunica che “il presidente è in ritardo, può attendere qui, vuole una spremuta? Un caffè?”. Finanche una guantiera di salatini o pasticcini a scelta. I giornalisti vanno fatti attendere ma coccolati, soprattutto al primo incontro. Penso che quanto meno questo giovane politico rampante, che muove i primi passi da rottamatore, è davvero molto gentile.
 
“Chiedo scusa, a nome del Presidente, ma è in ritardo di altri dieci minuti. Ci terrebbe, però, che nel frattempo l’accompagnassi a vedere una cosa importante”. E’ la “Madonna del cardellino” di Raffaello, nel suo splendore dopo dieci anni di restauro, custodita a Palazzo Medici Riccardi in attesa che il pubblico potesse tornare ad ammirarla. 
Ancora qualche minuto di attesa e arriva Renzi: “Piacere, chiamami pure Matteo”. Con lui la sua ombra, il portavoce Marco Agnoletti, giornalista. Durante il colloquio più volte Renzi interrompe per telefonare o perché gli squilla il telefono. Ricordo ancora alcune di quelle conversazioni, mi colpì una certa esibizione voluta di rapporti. Del tipo: “Ciao Paolo, allora sì ci vediamo con Chiamparino a cena e decidiamo…”. Paolo è Paolo Fresco, ex presidente di Fiat che in quel momento vuole costruire un complesso di villette cementificando un po’ di campagna dalle parti di Greve in Chianti.
L’intervista continua, poi Matteo si alza e dice: “Diavolo è tardi, facciamo così, ti accompagno in macchina a casa mentre finiamo”. Viaggio in autoblu dal centro di Firenze al quartiere Statuto per finire la chiacchierata. Il “Riformista” ne fece un trafiletto: “Sì interessante – mi spiegò un caporedattore – ma diciamoci la verità, questo non ha nessuna possibilità di vincere, il sindaco sarà Pistelli”. Pistelli chi?
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