“La nuova Siae è una casa di vetro”, ha scritto, Gino Paoli, Presidente della Società italiana autori ed editori, in una lettera aperta indirizzata nei giorni scorsi al ministro uscente dei beni e delle attività Culturali, Massimo Bray.
Guai a dubitare delle parole del Maestro che, magari, starà davvero facendo quanto in suo potere per far sparire la fitta coltre di nebbia che avvolge il palazzo di Viale della Letteratura ma la strada per riuscire nell’impresa è davvero lunga.
Il riparto dei diritti d’autore ovvero delle somme che la Siae raccoglie dagli utilizzatori e deve poi distribuire tra autori ed editori, infatti, avviene ancora attraverso logiche e dinamiche oscure, imperscrutabili ed inique.
Non è, sfortunatamente, una questione di punti di vista ma un dato obiettivo ed inequivocabile per convincersi del quale è sufficiente sfogliare l’ordinanza di ripartizione dei diritti [ndr scorrere l’elenco fino al documento pubblicato il 3 aprile 2013] relativa alla sezione musica attualmente in vigore.
Nessuna speranza che un autore, un musicista e, forse, persino un piccolo editore musicale ne capisca davvero il contenuto e, a ben vedere, nessuna speranza neppure per un professionista che si tratti di un commercialista o di un avvocato.
I criteri di riparto ovvero i parametri che governano la distribuzione delle centinaia di milioni di euro che Siae raccoglie sul territorio dagli utilizzatori sono una straordinaria ed indecifrabile alchimia certamente più simile ad un segreto industriale che ad un documento che dovrebbe servire a spiegare a chi investe tempo e passione nella musica, se e quanto può aspettarsi di guadagnare dal suo lavoro.
Impossibile – salvo a disporre di cultura enciclopedica – che chi sa leggere un pentagramma sappia anche leggere le formule matematiche e decifrare il linguaggio burocratese della circolare sulla ripartizione dei diritti.
A provare a leggere il testo dell’ordinanza di ripartizione dei diritti vengono, immediatamente, in mente le parole di George Orwell nel suo 1984: “L’ignoranza è forza”.
Forza, naturalmente, per chi induce e produce l’ignoranza delle masse al fine di poterle più facilmente governare.
Un dubbio che nel caso della Siae che Gino Paoli dice di voler trasformare – anzi, per la verità, di aver già trasformato – in una casa di vetro sembra insuperabile.
Basti pensare che l’Ordinanza in questione attraverso la quale la Siae sta ripartendo i diritti incassati nel 2012 e nel 2013 è stata firmata nel febbraio del 2013 e pubblicata solo nell’aprile dello stesso anno.
Come dire che chi tra il 2012 ed i primi mesi del 2013 ha fatto musica in Italia, pur volendo, non avrebbe potuto – prima di mettersi alla tastiera, alla chitarra o, semplicemente di impugnare il microfono – neppure cimentarsi nella lettura dell’ordinanza di ripartizione e provare a capire quanto avrebbe guadagnato dal proprio lavoro.
D’altra parte, anche quel poco dell’ordinanza che si capisce non convince affatto.
E’, infatti, straordinariamente intonato il coro di piccoli editori ed artisti che nelle ultime settimane – specie con riferimento alla ripartizione dei diritti relativi alla musica suonata in occasione di balli e trattenimenti privati – lamenta le nuove regole varate dalla Siae.
A dare il la a questo coro è Michele Marzella, trombonista e compositore barese, gettonatissimo oltre che per alcuni grandi successi, per la musica che suona ed interpreta durante feste e matrimoni privati.
Marzella – così come tanti suoi colleghi – che sbarcano il lunario o, almeno ci provano, dando sfogo a creatività e passione nel loro territorio, nel prendere in mano il rendiconto relativo ai diritti di sua spettanza, trasmessogli dalla Siae – un documento indecifrabile al pari dell’ordinanza di riparto – ha avuto, come tanti, un’orribile sorpresa: suonare in decine di feste, matrimoni e trattenimenti privati, nei semestri cui si riferisce il riparto, non gli ha fruttato praticamente nulla.
La spiegazione – se così può definirsi una regola palesemente iniqua che finisce con l’arricchire sempre i soliti noti e l’impoverire gli altri – sta nel fatto che la Siae, ha deciso di cambiare i criteri di riparto.
L’originario riparto analitico e puntuale sulla base dei programmi musicali compilati dagli utilizzatori governa, ormai – nel settore dei balli e dei concertini – solo una percentuale minoritaria della distribuzione dei diritti che, invece, nella più parte avviene in modo forfettario e sulla base di incomprensibili alchimie: tutti i compensi incassati vengono fatti confluire in un unico calderone e da lì prendono mille rivoli difficili da percorrere a ritroso.
La ragione sta in un problema reale anche se non nuovo: purtroppo gli organizzatori di balli e concertini, talvolta, per far regali a loro stessi o ad amici e parenti, compilano i programmi musicali dichiarando di suonare brani che poi non suonano e, magari, neppure esistono se non nel repertorio da loro stessi depositato in Siae.
Una piaga autentica, un sistema – neppure tanto ingegnoso – ma di autentica truffa in danno degli artisti veri che spendono tempo e passione per crescere, far crescere ed intrattenere il loro pubblico.
Il punto è, però, che nel 2014, nell’era del digitale e delle nuove tecnologie dell’informazione, la guerra a queste genere di “ladri di altrui creatività ed ingegno” non la si combatte come, almeno a parole, sembra aver deciso di combatterla Siae ovvero privando gli onesti della più parte di quanto gli spetta ma applicando più tecnologia nei controlli e, soprattutto, informatizzando il sistema di reportistica tra utilizzatori e società.
La scelta di Siae di “punire” i ladri, colpendo gli onesti e facendo finire i diritti d’autore di questi ultimi in un calderone dal quale poi, qualcuno – davvero pochi – si prende anche il frutto del lavoro dei tanti che suonano, per davvero, è una cura peggiore del male.
Non si risponde all’ingiustizia con l’ingiustizia altrimenti si legittima il sospetto che con la scusa di combattere i truffatori si voglia fare il favore a qualche amico.
E’ una partita – quella della sola musica suonata nel corso di balli e concertini – che nel 2012 valeva circa 120 milioni di euro.
Forse, vale la pena, che il Maestro Paoli, se davvero vuole rendere la Siae una casa di vetro, faccia tradurre la circolare sul riparto in un “pentagramma” più facile da leggere per un musicista e reintroduca un sistema di ripartizione analitica dichiarando guerra ai ladri a colpi di trasparenza e tecnologia.
In Francia fanno così: una manciata di parole e qualche fotografia per raccontare con un linguaggio a prova di bambino come si ripartiscono i diritti e l’applicazione di criteri assolutamente analitici.