A fine gennaio i dipendenti della Agrati di Collegno, provincia di Torino, hanno ricevuto la conferma del premio produttività: massima qualità e massimo impiego delle strutture. Due giorni dopo “un fulmine a ciel sereno”: arriva la notizia che l’azienda chiuderà la sede di Collegno. 82 dipendenti in mobilità. Non è prevista né cassa integrazione, né contratto di solidarietà. Ancora 75 giorni e poi la fine definitiva della produzione. Gli operai sono increduli: “Se un azienda è in crisi, se sta ricorrendo alla cassa, si può prevedere la chiusura. Per noi è stato come andare dal dottore e scoprire di avere un tumore e un solo giorno di vita”. Intanto le commesse sono state bloccate, gli operai si presentano per i turni, ma non ci sono più piani di lavoro né materiali da trasformare. “Se la proprietà – spiega un delegato sindacale – ha deciso di chiudere cosa intende fare degli impianti e delle macchine che sono qui?”. L’Agrati è una delle più grandi produttrici di viti e bulloni a livello mondiale, con diversi stabilimenti in Italia e in estremo oriente. Lo scorso anno ha anche acquistato 4 stabilimenti in Francia, con l’aiuto economico di Parigi di Cosimo Caridi
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