Società

Povero Elkann, non può nemmeno dire la sua sui precari

Bamboccioni, choosy, sfigati e ora – suggerisce il presidente di Fiat iscrivendosi alla lista dei gaffeurs – novelli Oblomov. Venerdì John Philip Jacob Elkann si è confrontato con 600 ragazzi di Sondrio su scuola e lavoro. Invitandoli all’ottimismo – nobile intento – ha pensato di spronare il giovane uditorio con queste parole: “Molti giovani non colgono le tante possibilità di lavoro che ci sono o perché stanno bene a casa o perché non hanno ambizione. I giovani devono essere più determinati nel trovare lavoro, perché ci sono molte opportunità, spesso colte da altri, proprio perché loro non hanno voglia di coglierle”.

Sui social network è stato immediatamente subissato di critiche: “Anch’io starei bene a casa sua”, “Ma l’ha mai visto un centro per l’impiego?”. Giorgio Airaudo – storico sindacalista Fiom che si è occupato per vent’anni di Fiat, oggi parlamentare di Sel – ha giustamente fatto notare: “L’erede più rappresentativo della famiglia Agnelli ha perso un’occasione per tacere. Quando si hanno le sue fortune e le sue facilità di scelta bisognerebbe avere più rispetto e più comprensione per chi, giovane, cerca ogni giorno di costruirsi e inventarsi un futuro in un Paese dove il lavoro si riduce, si precarizza e si svaluta. Ma soprattutto mister Chrysler-Fiat dovrebbe dirci, ricordando suo nonno, cosa fa lui perché i giovani abbiano un lavoro in Italia e non negli Stati Uniti”. In più, aggiungiamo noi, l’Italia ha il 40 per cento di disoccupazione giovanile ed è di ieri la notizia che nel 2013 c’è stato un suicidio per motivi economici ogni 2 giorni e mezzo. Secondo Link Lab, il laboratorio di ricerca socio economica dell’Università Link Campus University sono state complessivamente 149 le persone che nel nostro Paese lo scorso anno si sono tolte la vita, rispetto agli 89 casi del 2012. Dunque, il silenzio è d’oro.

Purtroppo il presidente di Fiat non si è fermato: “La meritocrazia nella maggior parte delle organizzazioni esiste. Abbiamo molte più opportunità dei nostri genitori”. E, ciliegina sulla torta: “La Fiat oggi è ancora più italiana”. Le idee sono più importanti e più forti delle persone che le sostengono. Le sciocchezze no. E qui la sciocchezza è non considerare il momento terribile che vive il Paese. Non considerare il pericolo e la sofferenza prodotti da una sempre maggiore e inaccettabile diseguaglianza sociale. C’è poi una questione di legittimazione. Può dire queste cose il presidente di un’azienda che tanto ha avuto, per decenni, dallo Stato italiano e che ora ha deciso che pagherà le tasse nel Regno Unito? Un’azienda che mette in cassa integrazione e licenzia operai e impiegati? Può dire queste cose un uomo che ha avuto il primo posto nel Consiglio di amministrazione Fiat a 21 anni? Semplicemente no.

Elkann ha sollecitato i ragazzi a essere ottimisti. Bene, noi lo invitiamo a leggere una divertente storiella di Gino e Michele. “Agnelli ha sempre avuto il pallino degli affari. A sedici anni il nonno gli regalò 1. 000 lire con cui Gianni comprò tre mele che rivendette a 1. 300 lire. Quindi investì questo nuovo capitale per comperare cinque mele che rivendette a 2. 000 lire subito reinvestite in sei mele che gli fruttarono 3. 000 lire. A questo punto, quando stava per acquistare dodici mele per ricavarne 5. 700 lire, improvvisamente, grazie a una congiuntura favorevole del mercato, morì suo padre lasciandogli in eredità 100 mila miliardi”. Con rispetto, “Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano”.

@silviatruzzi1

Il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2014