Mentre ancora si contano i danni delle ultime, recenti alluvioni, tra mura crollate e monumenti che minacciano di farlo, ecco la notizia che dovrebbe riportare il sereno. Offrire una chance al patrimonio storico-artistico-archeologico sempre più in difficoltà. A Pisa ci si affida ai volontari per contrastare il degrado crescente, per provvedere all’accentuarsi di criticità mai affrontate. L’idea, del prefetto Francesco Tagliente. Affidare al volontariato sociale specializzato la cura delle strutture in più precario stato di conservazione. Coinvolgendo gli Amici dei Musei. Che nella pratica dovranno occuparsi di istituire, nell’ambito del loro organismo, una Sezione specializzata di volontari di “pronto intervento, manutenzione del patrimonio monumentale e artistico”, da affiancarsi a quella già esistente, preposta alle guardianie e alle visite guidate. Considerando che il Presidente degli Amici dei Musei e Monumenti, Mauro Del Corso, ha risposto positivamente alla proposta, condivisa dal Soprintendente per i Beni Architettonici, Giuseppe Stolfi, e dal sindaco Marco Filippeschi, è più che probabile che essa possa concretizzarsi. Che ad occuparsi delle operazioni di recupero e manutentive siano dei volontari. Ben inteso, specializzati. Ma pur sempre estranei professionalmente a quel settore nel quale sono chiamati ad intervenire.

Dal punto di vista normativo la task force pisana ha tutta l’aria di costituire un ulteriore passo avanti rispetto alla legge-quadro sul volontariato, la n. 266 del’11.08.1991, della quale l’art. 3 della legge n. 4 del 14.01.1993, meglio nota come legge Ronchey, ha definito nell’ambito dei Beni culturali il ruolo delle associazioni. L’utilizzo dei volontari per assicurare l’apertura quotidiana prolungata di Musei, biblioteche e Archivi di Stato. Insomma, considerato questo quadro e l’emergenza continua nella quale si trovano tanti Monumenti, le modalità con le quali a Pisa si è scelto di cercare una soluzione, non dovrebbe stupire. Risultando quasi consequenziale. Di più, dovrebbe essere salutato con soddisfazione. Perché potrebbe costituire una soluzione felice ad una somma di criticità in molti casi sclerotizzate. Ma la questione a ben guardare è molto più complessa.

Il ragionamento di necessità più articolato. La salvaguardia di mura e torri, palazzi e chiese evidentemente una priorità assoluta. Senza dubbio. Ma è altrettanto indubitabile che quella certezza rischia di lasciare in una sorta di cono d’ombra alcuni quesiti connessi più o meno direttamente alla manutenzione. Si è davvero certi che i volontari, seppur specializzati, avranno le competenze per provvedere alla cura dei Monumenti? “Pronto intervento” e, soprattutto, “manutenzione” non sono pratiche da esercitare senza possedere solide basi teoriche. Né può pensarsi che la pratica possa surrogare la mancanza di seri fondamenti. E’ pur vero che il volontariato costituisce una possibilità. Una risorsa alla quale ricorrere, disciplinandone gli interventi. La Toscana da questo punto di vista costituisce un luogo di felice sperimentazione. Basta pensare alla collaborazione, a partire dal 2008, tra il Centro Servizi Volontariato Toscana e la Federazione Toscana Volontari Beni Culturali. Ancora più, richiamare la realizzazione della Magna Charta del Volontariato per i Beni Culturali, nata in collaborazione con la Fondazione Promo PA, la Regione Toscana e la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici.

Ma ciò nonostante è mai possibile che si preferisca ricorrere a dei volontari piuttosto che a dei professionisti del settore? Chiedere a pensionati e a studenti, ma anche a persone occupate in altri settori, di intervenire su strutture, anche di grande rilevanza, piuttosto che chiamare i tantissimi professionisti, realmente specializzati? Insomma, architetti, storici dell’arte e archeologi, oltre ad un numero congruo di tecnici. Una schiera di laureati, tante volte forniti di specializzazioni e dottorati di ricerca, di ogni età, che continuano a sopravvivere tra un cantiere e l’altro. Spesso non riuscendoci. Per questo costretti, i più “fortunati”, a riciclarsi in altro.

Così il paradosso di decidere di impiegare dei volontari, escludendo di fatto quanti ne avrebbero le competenze, si concretizza. Quel che altrove si profila come un supporto all’operato del corpo principale, nel malmesso settore dei Beni Culturali, diviene una vera e propria sostituzione. Anche in questo caso la mancanza di risorse non è un pretesto. Un problema reale. Secondario, però. Tutto a origine nella scarsa considerazione nei confronti del nostro Patrimonio. Anche da parte di chi ne è parte integrante. Continua l’idea che in fondo ad occuparsene possano essere un po’ Tutti. Perdura la convinzione che Archeologia ed Arte siano sempre e soltanto un divertissement

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