Caselli

Rispettare le regole è un aiuto, non un limite

Spesso percepiamo e viviamo le regole come un impaccio. Fatichiamo ad accettare che certi nostri comportamenti ci siano imposti o vietati. Vorremmo fare quel che ci piace o ci fa comodo, senza il fastidio di sottostare, per esempio, al dovere di raccattare quel che i nostri cani “lasciano” per strada, oppure alla disposizione di sottoporre a revisione una vecchia auto che secondo noi non ha bisogno di niente. Ma perché dobbiamo osservare le regole, fastidio o non fastidio? Innanzitutto perché ci sono. E poi perché non osservarle può comportare dei castighi. Così, rispettiamo il semaforo (cioè la regola che impone di passare solo col verde) sia perché il semaforo c’è – piazzato nel bel mezzo dell’incrocio – sia perché temiamo la multa o la perdita di punti sulla patente.

Ma questa concezione della legalità (in senso oggettivo) non è tutto. C’è di più. Riflettendo anche poco, è facile per ciascuno di noi (legalità in senso soggettivo) arrivare alla conclusione che il rispetto della legge conviene. Serve ad evitare effetti dannosi per sé e per i terzi (se al semaforo passiamo col rosso, rischiamo di andare a sbattere e di fare del male a noi stessi e alle altre persone o cose coinvolte). C’è poi una “convenienza” della legalità persino superiore. Vale a dire che l’osservanza della legge non solo può evitare conseguenze negative: può anche causare effetti positivi, benefici. Nel senso che solo seguendo le regole si può vivere serenamente insieme (ancora utilizzando l’esempio del semaforo: se nessuno rispettasse le regole della circolazione stradale, nelle grandi città la vita sarebbe di fatto impossibile, per il caos e la paralisi permanenti).

Dunque, rispetto della legge equivale a civile convivenza, un quadro costruito con riferimento all’interesse generale, che perciò offre a tutti speranze di vita migliore e di crescita ordinata. Altrimenti a prevalere saranno sempre i rapporti di forza ed i privilegi, cioè gli interessi particolari di questo o di quello (singolo, famiglia, gruppo, lobby, cordata, clan, organizzazione criminale….).

Dunque la legalità non è un problema di scontro fra “guardie e ladri” cui assistere con indifferenza: se vincono le guardie, se c’è più legalità, può migliorare la qualità della vita di ciascuno di noi. Ci conviene. Conviene soprattutto a chi ha più bisogno. Purchè ci si impegni “anche nel nostro piccolo affinché la prepotenza del più forte non prevalga sul più debole”; e ci si renda conto che “la giustizia è una cosa molto importante perché permette anche alle persone più deboli di non essere maltrattate, ma rispettate”. Sono parole di uno spendido libro (“Il gusto della legalità”) che raccoglie la corrispondenza intercorsa tra gli alunni di alcune scuole di Pino Torinese e quelli di una scuola di Jangany, in Madagascar. Come a dire che i bambini a volte capiscono più dei grandi…

Il Fatto Quotidiano, lunedì 10 febbraio 2014

(Foto Lapresse)