Una piccola spugna potrebbe far vacillare uno dei dogmi della biologia, quello secondo cui le forme di vita complessa hanno cominciato a svilupparsi solo in seguito all’aumento dell’ossigeno sul pianeta. Lo studio, accolto fra le polemiche, si deve al gruppo dell’Università Southern Danimarca ed è pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas).
Sin da pochi milioni di anni dopo la formazione degli oceani, il nostro pianeta è stato popolato da un gran numero di forme di vita, tutte molto diverse tra loro, ma tutte strettamente accomunate dalla ‘semplicità’: si trattava infatti esclusivamente di organismi unicellulari. Solo 600 milioni di anni fa, probabilmente dalla cooperazione nata in colonie di microrganismi, sono comparse le prime forme di vita complessa, le stesse da cui si sono evolute tutte le specie animali che esistono oggi. Questa ‘rivoluzione’ sarebbe avvenuta, secondo prove geologiche, esattamente nello stesso periodo in cui si è registrato un rapido aumento dell’ossigeno presente nell’atmosfera. Questa osservazione, unita al fatto che praticamente tutte le forme di vita complessa necessitano di ossigeno, ha fatto ipotizzare che l’ossigeno sia stato l’elemento chiave per la comparsa dei pluricellulari.
Unica eccezione nota è, ad oggi, un piccolo gruppo di animali multicellulari noti come Loricifera. La loro scoperta parla italiano e si deve alla recente missione di esplorazione sottomarina guidata da Roberto Danovaro, dell’università Politecnica delle Marche e nuovo presidente della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli. Nonostante questo esempio, il legame tra vita complessa e ossigeno sarebbe, secondo la stragrande maggioranza dei ricercatori, una sorta di dogma evoluzionistico.
Analizzando però la capacità di sopravvivenza di alcune spugne anche in ambienti quasi completamente privi di ossigeno, i ricercatori danesi mettono ora in dubbio il fatto che la ‘spinta’ verso i pluricellulari sia stata l’ossigeno. Secondo i ricercatori le spugne non avrebbero infatti necessitato di ambienti ricchi di ossigeno e niente ci obbliga a doverne ricercare nell’ossigeno la ‘spinta’ evolutiva. “Sono conclusioni francamente molto forzate“, ha commentato Danovaro. “Ritengo infatti che, nonostante la risonanza della rivista, lo studio non fornisca elementi interessanti per quello che riguarda i meccanismi evolutivi, ma indicazioni sulle capacità di resistenza delle spugne negli ambienti poveri di ossigeno”.