Politica

Grillo e Renzi, a ognuno la sua manfrina

Non esiste un ragionevole motivo per cui Beppe Grillo avrebbe dovuto accordarsi con Matteo Renzi. Il coro dei costituzionalisti da bar dirà che era un suo dovere, gli economisti improvvisati spiegheranno che il Paese è sull’orlo del baratro, che non è un atteggiamento responsabile e non si gioca con la democrazia. Hanno ragione? Non ne ho idea. Si capisce che a Renzi non bastano le larghe intese, le vorrebbe larghissime, ma non è possibile. E lo sa. Era una semplice manfrina, e Grillo e Renzi l’hanno trattata da tale. Ognuno ha giocato la propria partita. Chi ha memoria, ormai pochi, ricorda che il Pci andava oltre Grillo, formava governi ombra e Giorgio Napolitano ne era sempre uno degli elementi di spicco. Rappresentavano anche loro milioni di voti, ma non avrebbero mai composto un governo con Andreotti, Forlani e Craxi.

Grillo sa benissimo, molto meglio di un Renzi evidentemente meno scaltro di lui, che il suo posto è all’opposizione. Non può sedersi a nessun tavolo con il leader di una maggioranza espressa dalla direzione del Partito democratico che, dalla sera alla mattina, ha dimissionato Enrico Letta per far posto al segretario. Dovrebbe disconoscere quello che è. Lui e il suo elettorato. Poi lo ha fatto alla Grillo, ma questo sa fare.

Strategia criticabile, ma vincente, a vedere i sondaggi. Dunque perché dettare a Grillo le mosse che deve compiere? Lui ha fatto la cosa che sa fare meglio: l’opposizione a qualsiasi forma di potere che risponda a vecchi criteri. I poteri forti, la benedizione degli americani (la sentivamo già ai tempi di Aldo Moro e Andreotti), banche, editori. Il resto lo hanno già detto i suoi parlamentari: quando porterete in aula condizioni che ci convinceranno, vedremo.

Questo non hanno fatto Renzi e i renziani. Quando il Movimento 5 stelle ha chiesto che venisse calendarizzata la mozione di sfiducia al ministro Cancellieri, il Pd ha detto no. Nessuno ne è stato informato, ma è andata così. Ha detto no quando il Movimento 5 stelle ha provato a portare in aula la questione del finanziamento pubblico ai partiti. Sono grillini, che ci volete fare. Bene, Grillo ha dato dell’ebetino a colui che chiama i suoi eletti grillini. È stato ripagato della stessa moneta. Non si lamenti l’ex sindaco di Firenze, la sua maggioranza esiste, è con Angelino Alfano. La legge elettorale invece la fa con Silvio Berlusconi.

Lo show è stato servito, ora ognuno torni al proprio lavoro. Uno al governo di larghe intese, l’altro all’opposizione.